Pietro Metastasio - Opera Omnia >>  Nitteti




 

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Dramma scritto dall'autore in Vienna per la real corte cattolica, ed ivi alla presenza de'regnanti con superbo apparato rappresentato la prima volta con musica del Conforti, sotto la magistrale direzione del celebre cavalier Carlo Broschi, l'anno 1756.


ARGOMENTO

Amasi, illustre capitano, vassallo, amico e confidente d'Aprio re d'Egitto, mandato dal suo signore a reprimere l'insolenza delle ribellanti provincie, non solo non poté adempire il comando, ma fu egli stesso proclamato re e da' sollevati e da quei guerrieri medesimi che conduceva per debellarli: tanto era il credito e l'affetto che gli avevano acquistato il suo valore, la sua giustizia e le altre sue reali virtù. S'oppose, e non avrebbe Amasi ceduto all'inaspettata violenza; ma vel costrinse un segreto ordine del suo medesimo sovrano, che, disperando di conservar con la forza il suo trono, lo volle più tosto deposito in mano amica, che conquista in quella di un ribelle.
In queste infelici circostanze sorpreso Aprio dal fine de' giorni suoi, chiamò nascostamente a sé l'amico Amasi; confermò in lui la pubblica elezione col proprio voto; l'incaricò di far diligente inchiesta dell'unica sua figliuola Nitteti, perduta fra le tumultuose sedizioni; e gl'impose, ritrovandola, di darla in isposa al proprio suo figliuolo Sammete; onde, succedendogli questi un giorno, la riconducesse sul trono paterno. Ne volle da lui giuramento; e gli spirò fra le braccia.
Questi, in parte veri ed in parte verisimili, sono i fondamenti, sopra de' quali è stato edificato il presente dramma; e ciò che vi è di storico è tratto di Erodoto e da Diodoro di Sicilia.


INTERLOCUTORI

Amasi re d'Egitto, padre di
Sammete amante corrisposto di
Beroe pastorella.
Nitteti principessa egizia, amante occulta di Sammete.
Amenofi sovrano di Cirene, amante occulto di Nitteti ed amico di Sammete.
Bubaste capitano delle guardie reali.


Il luogo della Scena è Canopo.
Il tempo è il giorno del trionfale ingresso del nuovo re. L'azione è il ritrovamento di Nitteti.


ATTO PRIMO

SCENA I

Parte ombrosa e raccolta degl'interni giardini della reggia di Canopo alle sponde del Nilo, corrispondenti a diversi appartamenti. Sole nascente su l'orizzonte.

Amenofi impaziente, poi Sammete in abito pastorale che approda sopra picciolo battello.

Amenofi - E Sammete non torna!
Oimè! già spunta il sol. Sa pur che il padre
Oggi al soglio d'Egitto
Sollevato sarà, sa che a momenti
In Canopo s'attende. Ah, se all'arrivo
D'Amasi ei qui non è, quali per lui,
Quali scuse addurrò? Tanta imprudenza
Io non so perdonargli. Ah, lo saprei,
Se anche agli affetti miei
Gli astri, come per lui, fossero amici!
Agli amanti infelici
Son secoli i momenti; e sono istanti
I lunghi giorni ai fortunati amanti.
Con la sua pastorella
Gli fuggon l'ore, e non s'avvede... Un legno
(Sammete approda, e scende dal battello, ed Amenofi gli va incontro)
Parmi che approdi. Ah, lode al Ciel! Ma, prence,
Che più tardi? che fai? Le rozze spoglie
Corri, corri a deporre. I precursori
Già d'Amasi son giunti;
Tutto in moto è Canopo: ho palpitato
Assai fin or per te.

Sammete - Son disperato.

Amenofi - Perché, Sammete? Onde l'affanno?

Sammete - Oh Dio!

Amenofi - Parla. Forse rifiuta
Beroe gli affetti tuoi?

Sammete - Beroe è perduta.

Amenofi - Perduta! Oimè! Come? Che dici?

Sammete - In vano
Fin or di là dal fiume
Ne corsi in traccia. Alla capanna, al bosco
Mille volte tornai; quel caro nome
Or sul monte, or sul piano
Replicai mille volte, e sempre in vano.

Amenofi - Che tu non sei Dalmiro,
Che un pastor tu non sei
Forse Beroe ha scoperto, e a te s'invola.

Sammete - No, caro amico; il caso
È più funesto assai. Da un fuggitivo
Timido villanello intesi al fine
Che nella scorsa notte
Ad altra ninfa unita
Fu da gente crudel Beroe rapita.

Amenofi - Forse da qualche stuolo
D'arabi masnadieri?

Sammete - No, d'egizi guerrieri:
Ei l'asserì.

Amenofi - Non so pensar... Ma fugge,
Sammete, il tempo. Ah, le tue spoglie usate
Vanne a vestir! Questo real soggiorno
Per Dalmiro non è.

Sammete - Vado e ritorno.
Ma non partir: sovvienti
Che ne' casi infelici
È dover l'assistenza ai fidi amici,

Sono in mar, non veggo sponde;
Mi confonde il mio periglio;
Ho bisogno di consiglio,
Di soccorso, di pietà.
Improvvisa è la tempesta;
Né mi resta aita alcuna,
Se al furor della fortuna
M'abbandona l'amistà. (parte)



SCENA II

Amenofi, poi Nitteti e Beroe, entrambi in abito pastorale, fra guardie.

Amenofi - Oh come, amor tiranno,
Confondi i sensi e la ragion disarmi!
Ma... Quai ninfe! qual'armi! Oh dèi, Nitteti!
D'Aprio la figlia! il mio tesoro! Ah, donde,
Donna real? Che fu? Perché d'armati
Cinta così?

Nitteti - Nol so. Vittima io vengo
Forse del nuovo re. Dal bosco, in cui
Io m'ascondea da lui, qui tratta a forza
Son con l'ospite mia.

Amenofi - No; t'assicura:
Amasi non trascorre a questi eccessi.

Beroe - (Dalmiro almen potessi
Del mio caso avvertir).

Amenofi - Di questa schiera
Qual è il duce, e dov'è?

Nitteti - Bubaste ha nome;
Va incontro al re.

Amenofi - Raggiungerollo. Or ora
In libertà sarai; ne son sicuro.

Beroe - (Le smanie di Dalmiro io mi figuro).

Nitteti - Prence, la prima prova
Del tuo bel cor questa non è. Son grata,
Conosco...

Amenofi - Ah no, non mi conosci: io sempre...
Sappi... Tu sei... Sperai... (Barbaro amore!
Tu m'annodi la lingua al par del core).

Se il labbro nol dice,
Ti parla il sembiante
D'amico costante,
Di servo fedel;
Che farsi palese
Almen con l'imprese
Per esser felice
Sol brama dal Ciel. (parte)



SCENA III

Nitteti e Beroe; in fine Bubaste.

Beroe - Nitteti, ah per pietà, fedel compagna
Se m'avesti fin or, s'è ver che m'ami,
Se grata pur mi sei, deh, fa ch'io possa
A'miei boschi tornar! Ah, per quei boschi
Il povero Dalmiro
In van mi cercherà! Da'suoi trasporti
Tutto temer poss'io;
Troppo fido è quel core, e troppo è mio

Nitteti - Non tante smanie, amata Beroe: andrai;
Farò tutto per te. Ma della sorte
Vedi pur ch'io lo sdegno
Con più costanza a tollerar t'insegno.

Beroe - Nel caso in cui tu sei,
Maestra di costanza anch'io sarei.

Nitteti - Perché? Forse i miei mali
Non eguagliano i tuoi?

Beroe - V'è gran distanza.
Siam prigioniere entrambe;
Siamo entrambe in Canopo;
Tu sospri, io sospiro;
Ma in Canopo è Sammete, e non Dalmiro.

Nitteti - È ver; confesso, amica,
La debolezza mia; Sammete adoro;
Egli l'ignora: e pure
La speme sol di riveder quel volto,
Quel caro volto ond'è il mio core acceso,
Di mie catene alleggerisce il peso.

Beroe - Basta un ben che tu speri
Per consolarti, e vuoi che un ben ch'io perdo
Affliggermi non debba?

Nitteti - Ah, se vedessi
Il mio Sammete, approveresti assai
La mia tranquillità!

Beroe - Se fosse noto
Dalmiro a te, condanneresti meno
L'intolleranza mia.

Bubaste - Nitteti, arriva
Amasi; io là m'invio:
Scorgetela, o custodi. (espone e parte)

Nitteti - Amica, addio.

Beroe - Così mi lasci! Io che farò?

Nitteti - T'accheta,
Amata Beroe; a me ti fida, e credi
Che non meno io sospiro
Che Sammete sia mio, che tuo Dalmiro.

Tu sai che amante io sono;
Tu sai la sorte mia:
Ah! chi pietà desia
Non può negar pietà.
Della pietà ch'io dono,
Quella ch'io bramo è pegno;
Che di pietade è indegno
Chi compatir non sa. (parte)



SCENA IV

Beroe, Sammete nel proprio suo abito, poi Amenofi.

Beroe - Questi reali alberghi (guardando curiosa intorno)
Son pur nuovi per me! Dovunque io miro...

Sammete - Ecco deposte al fin... Beroe! (si veggono. E si guardan fissamenter alcuni istanti senza parlare)

Beroe - Dalmiro!

Sammete - Tu qui?

Beroe - Tu in quelle spoglie!

Sammete - A che vieni? ove vai?

Beroe - Che strano evento
Ti trasforma in tal guisa agli occhi miei?
Parla: che fu? Dov'è il pastor? Chi sei?

Sammete - Tutto, ben mio, dirò...

Amenofi - Prence, Sammete,
Giunge il real tuo genitor. (Sammete confuso)

Beroe - (colpita dalla sorpesa del nome) (Sammete!
Misera me!)

Sammete - Verrò. (confuso)

Amenofi - Corri; potria
Prima giungere il re.

Sammete - Verrò; t'invia. (con impazienza ad Amenofi, che parte)

Beroe - Crudel, tu sei Sammete?
Tu sei prole d'un re? Dunque fin ora
Meco hai mentito aspetto,
Spoglia, nome, costumi, e forse affetto?
Come abusar potesti
D'un sì tenero amore,
D'una fé, d'un candore,
D'un cor che offerto interamente in dono...
Barbaro!... Ingrato!...

Sammete - Anima mia, perdono.
Fu giovanil vaghezza,
Che fra rustici giuochi in finte spoglie
A mischiarmi m'indusse. In quelle, il sai,
Un pastor mi credesti.
Ti piacqui, mi piacesti; e il grado mio
Ti celai per timor. So che in amore
Gran nodo è l'eguaglianza: io volli prima
Un amante pastor renderti caro,
Ed un principe amante offrirti poi.
Eccolo a'piedi tuoi. (si getta in ginocchioni)
Or non t'inganna; ha su le labbra il core:
Accettami, qual vuoi, prence o pastore.

Beroe - Ah, Sammete! ah, non più! Sorgi; io trascorsi
Troppo con te. Dal mio dolor sorpresa,
Il mio prence insultai: perdona il fallo
All'eccesso, o signor, d'un lungo affetto.

Sammete - Per pietà, mio tesoro, ah, men rispetto!
Eccede un tal castigo (con enfasi affettuosa)
Tutte le colpe mie: morir mi fai
Parlandomi in tal guisa.

Beroe - Ah! che or tu sei...

Sammete - Il tuo fedele.

Beroe - Ah! che or son io...

Sammete - La mia
Unica speme.

Beroe - Oh Dio! (piange)

Sammete - Tanto ti spiace
Che in real prence il tuo pastor si cangi?

Beroe - No; lo merti, cor mio.

Sammete - Dunque a che piangi?

Beroe - Queste lagrime, o caro,
Se sian doglia o piacer, dir non saprei.
Quando penso che sei qual d'esser nato
Degno ognor ti credei, lagrime liete
Verso dagli occhi, e ti vorrei Sammete:
Quando penso che degna
Or non son più di te, col Ciel m'adiro,
Piango d'affanno, e ti vorrei Dalmiro.

Sammete - Ah, se alcun disapprova
L'eccesso in me degli amorosi affanni,
Vegga Beroe, l'ascolti, e mi condanni!
Sì, mio ben, sì, mia vita,
Teco viver vogl'io,
Voglio teco morir. No, non potrei
Lasciarti, anche volendo, in abbandono.
O fra boschi o sul trono,
O Dalmiro o Sammete,
O principe o pastor sarò... sarai...

Beroe - Deh, sovvienti che ormai
Amasi sarà giunto.

Sammete - È vero. Addio.
Ma... siamo in pace?

Beroe - Sì.

Sammete - Del tuo perdono
Mi posso assicurar?

Beroe - Sì, caro.

Sammete - Ottengo
I primi affetti tuoi?

Beroe - Tutti. Ah! parti.

Sammete - E tu sei...

Beroe - Son quel che vuoi.

Sammete - Se d'amor, se di contento
A quei detti, oh Dio, non moro,
È portento, o mio tesoro,
È virtù di tua beltà.
Del piacer manco all'eccesso;
Ma un tuo sguardo in un momento
Poi ravviva il core oppresso
Dalla sua felicità. (parte)



SCENA V

Beroe sola.

Beroe - Sembran sogni i miei casi. Ancor non posso
A me stessa tornar. Sappia Nitteti
Le mie felicità. Si sveli a lei
Che Sammete in Dalmiro... Eterni dèi!
Or mi sovviene: ella l'adora, ed io
Fin or nol rammentai! Ma in tal sorpresa
Se di me mi scordai, come di lei
Rammentar mi potea? Stelle! io mi trovo
D'un'amica rival! Che far? Se parlo,
S'irriterà: se taccio,
Tradisco l'amistà. Potrei con arte
Custodire il mistero
Senza tradir... No: chi ricorre all'arti,
Benché ancor non tradisca, è sul cammino:
L'artificio alla frode è assai vicino.

Non ho il core all'arti avvezzo;
Non v'è ben per me sincero,
Se comprar si deve a prezzo
D'innocenza e di candor.
Qual acquisto è che ristori
Dall'angustie, da' timori,
Dal disprezzo di se stesso,
Dall'accuse d'un rossor? (parte)



SCENA VI

Luogo vastissimo presso le mura di Canopo, festivamente adornato pel trionfale ingresso e per l'incoronazione del nuovo re. Ricco ed elevato trono alla destra, a piè del quale lateralmente situati alcuni de' sacri ministri, che sostengono sopra bacili d'oro le insegne reali. Grande e maestoso arco trionfale in prospetto. Vari ordini di logge all'intorno, popolate di musici e di spettatori. Vista dell'armata egizia vincitrice ordinata in lontano.
Si vedrà avanzar lentamente e passar indi sotto l'arco preparato il nuovo re vincitore, assiso in maestà sopra un bianco e pomposamente guarnito elefante; preceduto daglii oratori delle suddite provincie coi loro respettivi tributi; circondato da folta schiera di nobili egizi, di schiavi etiopi e di paggi che gli sostengono sul capo il reale ombrello, e vaghi e grandi ventagli di colorate penne all'intorno; e seguito finalmente dalle guardie reali e dalla folla de' carri e de' cammelli carichi delle spoglie nemiche.

Mentre fra lo strepito armonioso di timpani, di sistri e d'altri stromenti barbari s'avanza Amasi, scende assistito da Sammete ed Amenofi, e va sul trono, si canta il seguente.

Coro - Si scordi i suoi tiranni,
Sollevi il ciglio afflitto,
Ponga in oblio l'Egitto
Gli affanni che provò.

Parte del Coro - Se il cielo è più sereno,
Se fausti raggi or spande,
Amasi il giusto, il grande,
È l'astro che spuntò.

Coro - Si scordi i suoi tiranni,
Sollevi il ciglio afflitto,
Ponga in oblio l'Egitto
Gli affanni che provò.

Parte del Coro - In dì così ridente
Esulti il Nilo, e scopra
L'oscura sua sorgente
Che fino ad or celò.

Tutti - Si scordi i suoi tiranni,
Sollevi il ciglio afflitto,
Ponga in oblio l'Egitto
Gli affanni che provò.

Amasi - Non rendono superbi, (dal trono in piedi)
Popoli al Ciel diletti, i miei sudori
O i marmarici allori,
O la vinta Pentapoli, o Cirene:
M'innalza, mi sostiene,
Il soglio ad occupar mi dà valore
Quel consenso d'amore
Che da ogni labbro ascolto,
Che leggo in ogni volto,
Che spero in ogni cor. Tenero padre
Ah, mentre io veglio a rendervi felici,
Ah, voi de' numi amici,
Figli, implorate a chi donaste il trono
Vigor, virtù che corrisponda al dono! (siede)

Coro - Si scordi i suoi tiranni,
Sollevi il ciglio afflitto,
Ponga in oblio l'Egitto
Gli affanni che provò.



SCENA VII

Bubaste, Nitteti, e detti.

Bubaste - Signor, t'arride il Ciel. L'unica prole
Dell'oppresso tiranno,
Che estinta si credea, colà del Nilo
Da noi scoperta in su l'opposta riva,
Ecco al tuo piede e prigioniera e viva. (additando Nitteti)

Amasi - Come! Nitteti! In così vili spoglie
L'egizia principessa! (s'alza e scende)

Nitteti - Illustri assai
Eran per me se dalle tue catene
M'avessero difeso.

Amasi - Ah, quai catene?
Da chi? perché? non sai
Forse che Amasi è il re? Da che nascesti,
Nella reggia paterna innanzi agli occhi
Forse ognor non ti fui? Quali osservasti
Segni in me d'alma rea? No, non può darsi
Ingiustizia maggiore,
Insulto più crudel del tuo timore.

Amenofi - Oh magnanimo!

Bubaste - Oh grande!

Nitteti - Amasi, il sai,
Fu real la mia cuna; e se pretendo
Evitar d'esser serva, io non t'offendo.

Amasi - Tu serva! Olà, Sammete,
Ai soggiorni più degni
Dell'albergo reale in vece mia
Scorgi Nitteti.

Sammete - Ubbidirò. (Che pena!
Beroe mi attenderà).

Amasi - Bubaste, amici,
Seguitela fin tanto
Che raggiungervi io possa. Aperti a lei
Sian gli egizi tesori:
Si rispetti, si onori, e i cenni suoi,
Come a me lo saran, sian legge a voi.

Nitteti - Signor, non più; questa è vendetta.

Amasi - È vero.
M'oltraggiasti; son punto; e a vendicarmi
Appena incominciai. Maggior vendetta
Dall'offeso mio cor, Nitteti, aspetta.

Nitteti - Già vendicato sei;
Già tua conquista io sono:
Più non t'invidio il trono,
Padre t'adoro e re.
Tutto dai fausti dèi,
Tutto or l'Egitto attenda;
E in me frattanto apprenda
Che può sperar da te.
(parte accompagnata da Sammete, Bubaste e porzione del séguito reale)



SCENA VIII

Amasi, Amenofi, e séguito.

Amasi - Amenofi, ove vai? (Ad Amenofi, che volea seguitar Nitteti)

Amenofi - Come imponesti,
Sieguo Nitteti.

Amasi - No: ferma; vogl'io
Parlarti, o prence.

Amenofi - Adoro il cenno. (Oh Dio!) (guardando con tenerezza presso Nitteti)

Amasi - Di gran fede ho bisogno, e tanta altrove,
Come in te, non ne spero. Io l'ammirai
Quando dal soglio avito,
Pria che farti ribelle al tuo signore
Discacciar ti lasciasti. Atto sì grande
Tanto m'innamorò, che, se mi avesse
Lasciata il Ciel la figlia Amestri, a lei
Ti ambirebber consorte i voti miei.
La sommessa Cirene
Di nuovo avrai; ma questo
Non è premio, è dover. Col poter mio,
Amenofi, misura ogni tua brama:
Amasi regna, e ti conosce, e t'Amasi

Amenofi - Troppo, signor...

Amasi - Taci, m'ascolta, e giura
Silenzio e fedeltà.

Amenofi - Tutti ne impegno
Vindici i numi.

Amasi - Or di'. D'Aprio nemico
Tu mi credesti?

Amenofi - Il crede
Tutto, signor, con me l'Egitto.

Amasi - E tutto
Con te s'inganna. Ebbe l'inganno, è vero,
Giusti principii. Io difensor di lui,
A un tratto de' ribelli
Divenni condottier. Ma questo un cenno
Fu d'Aprio istesso. Ecco il suo foglio. Ogni altro
Rimedio disperando, ei volle almeno
Evitar che rapina in mano altrui
Fosse il suo regno; e nella mia lo rese
Deposito sicuro.

Amenofi - Oh stelle!

Amasi - Il Cielo
Secondava il mio zel; quando sorpreso
Dall'ultimo de' mali
Fu il misero mio re. Sentì vicini
Gl'istanti estremi; a sé chiamommi: io corsi
Al suo nascosto albergo, e pieno il volto
Già di morte il trovai. Mi strinse al petto;
S'intenerì; la sua perduta figlia
Cercar m'impose, e al figlio mio trovata
Darla in isposa. Io lo giurai piangendo.
Ei di più dir volea, ma freddo intanto
Mi cadde in braccio, e mi lasciò nel pianto.

Amenofi - (Che ascolto!)

Amasi - Il giuramento
Deggio e voglio adempir; ma temo avversa
L'indole del mio figlio. Il sai, non parla
Mai d'imenei; non v'è beltà che giunga
A riscaldargli il cor. Fugge la reggia,
Sol fra' boschi s'aggira, e tutti sono
Cacce, veltri, destrieri,
Valli, monti e campagne i suoi pensieri.
Di correggerlo è d'uopo, e giova a questo
Più l'amico che il padre. Io fausti i numi
Implorerò; tu d'ammollir procura
Quel duro cor. Vanta Nitteti, esalta
La sua beltà, la sua virtù. S'ei cede
Per tuo consiglio all'amorosa face,
Io, caro prence, io ti dovrò la pace.

Amenofi - Dunque...

Amasi - Più non tardiam: non v'è riposo
Per me, se il giuramento io non adempio.
Corri, amico, a Sammete: io vado al tempio.

Tutte fin or dal Cielo
Incominciai le imprese;
E tutte il Ciel cortese
Le secondò fin or.
Ah! sia propizio a questa
Ei, che di fé, di zelo
Le belle idee mi desta,
Ei che mi vede il cor. (parte col séguito)



SCENA IX

Amenofi, poi Beroe.

Amenofi - Lasciatemi una volta,
Folli speranze, in pace. Al fin vedete...

Beroe - Ov'è, signor... perdona... ov'è Sammete?

Amenofi - Beroe sei tu, delle vicine selve
La bella abitatrice?

Beroe - Quella Beroe son io.

Amenofi - Beroe infelice!

Beroe - Perché?

Amenofi - Credimi, accetta
Un consiglio fedel. Fuggi la reggia,
Ritorna a' boschi tuoi.

Beroe - Ma tu chi sei?
Perché fuggir degg'io?

Amenofi - Del tuo Dalmiro
L'amico io son; tu déi fuggir, se in braccio
D'altra veder nol vuoi. Sposo a Nitteti
L'ha destinato il padre.

Beroe - Oimè! Consente
Sammete al nodo?

Amenofi - E come opporsi il figlio
Ad un re genitor?

Beroe - Dunque...

Amenofi - È vicino
Il barbaro momento
Del fatale imeneo.

Beroe - Morir mi sento. (piange)

Amenofi - Tu piangi, e n'hai ragion. Dal caso mio
Bella ninfa, io misuro... Ah! sappi... Addio... (parte)



SCENA X

Beroe, poi Sammete.

Beroe - Misera, ah, qual novella! Ah, qual mi stringe
Gelida mano il cor! No; più funeste
L'ore a morir vicine...

Sammete - Beroe, idol mio: pur ti raggiungo al fine. (allegro molto)

Beroe - (Che giubilo crudel!)

Sammete - Di mia tardanza
Colpa non ho. Presso a Nitteti il padre
Fin or mi volle.

Beroe - (Ah questo è troppo! Ostenta
In faccia mia l'infedeltà).

Sammete - Tu piangi!
Perché? Che avvenne, anima mia?

Beroe - Ma basta:
Prence, signor, non insultarmi. Assai
Mi rendesti infelice.
Ah, per pietà, se la conosci, imponi
Che del Nil mi trasporti
Un piccol legno all'altra sponda. Almeno
Nell'albergo natio
Lungi dagli occhi tuoi morir vogl'io.

Sammete - Come? Partir! Lasciarmi!
Bramar la morte! Io che ti feci? Ah parla,
Non m'uccider così, Beroe vezzosa!

Beroe - Dalla novella sposa
Con quel volto sereno
Mi torni innanzi, e l'idol tuo mi chiami?
E pretendi... e non vuoi...

Sammete - Se intendo i detti tuoi, m'atterri, o cara,
Un fulmine del Ciel.

Beroe - Che! non dicesti
Tu stesso or or che per voler del padre
A Nitteti...

Sammete - A Nitteti
Mi vuol servo e non sposo
Il padre mio. Qual mentitor ti venne
A recar tai novelle?

Beroe - Un che si vanta
Tuo vero amico; e di Dalmiro il nome
Meco ti diè.

Sammete - (si turba) - Stelle! Amenofi? Ah, dunque
Fola non è! Ma si spiegò? Ti disse
Onde il sapea?

Beroe - No; ma parlò sicuro.

Sammete - Nulla, ben mio, lo giuro
Ai numi, a te, del minacciato nodo,
Nulla seppi fin ora; e ingiusta sei,
Se mi temi incostante.

Beroe - Vuoi che non tema, e mi conosci amante?

Sammete - No, temer tu non déi. Tuo mi promisi,
E tuo, Beroe, io sarò.

Beroe - Ma come al cenno
D'un padre opporti?

Sammete - Io so per me qual sia
Del genitor la tenerezza. Ah, lascia,
Lasciane a me tutta la cura! Ah, solo
Di', se in fronte una volta il cor mi vedi,
Se sei tranquilla e se fedel mi credi!

Beroe - Sì, ti credo, amato bene;
Son tranquilla, e in quella fronte
Veggo espresso il tuo bel cor.

Sammete - Se mi credi, amato bene,
D'ogni rischio io vado a fronte,
Né tremar mi sento il cor.

Beroe - Non lasciarmi, o mio tesoro.

Sammete - Tutta in pegno hai la mia fé.

A due - Ah! sovvengati ch'io moro,
Se il destin t'invola a me.
Compatite il nostro ardore,
Voi bell'alme innamorate;
E il poter d'un primo amore
Ricordatevi qual è. (partono da diversi lati)



ATTO SECONDO

SCENA I

Fughe di camere nella reggia.

Beroe sola.

Beroe - Povero cor, tu palpiti;
Né a torto in questo dì
Tu palpiti così,
Povero core!
Si tratta, oh Dio! di perdere
Per sempre il caro ben,
Che di sua mano in sen
M'impresse Amore.

Troppo, ah troppo io dispero!
M'ama Sammete... è vero;
Ma che potrà lo sventurato in faccia
Ad un padre che alletta, a un re che sforza,
A un merto che seduce? Il grado mio,
Gli altrui consigli... il suo decoro... oh Dio!

Povero cor, tu palpiti;
Né a torto in questo dì
Tu palpiti così,
Povero core!



SCENA II

Nitteti turbata, in abito di principessa, e detta.

Nitteti - Ah, cara, ah, fida amica,
Son fuor di me.

Beroe - Che avvenne?

Nitteti - Ogni mia speme
È svanita, è delusa.
M'offre il padre a Sammete, ei mi ricusa.

Beroe - (Oh fedeltà!)

Nitteti - L'avresti
Potuto immaginar? Come io mi sento,
Dirti, amica, non so. L'amore offeso,
La vergogna, il disprezzo... Audace! ingrato!

Beroe - (Mi fa pietà).

Nitteti - Qualche segreto affetto,
Credimi, mi prevenne.

Beroe - (È un tradimento
Il mio silenzio).

Nitteti - Ah, conoscessi almeno
La felice rivale! Almen...

Beroe - Perdona,
Amata principessa, il fallo mio.

Nitteti - Perdon! di che?

Beroe - La tua rival son io.

Nitteti - Come!

Beroe - Rival ti sono;
Ma...

Nitteti - Che? t'ama Sammete?

Beroe - Il credo.

Nitteti - E l'ami?

Beroe - Più di me stessa.

Nitteti - E il tuo Dalmiro?

Beroe - È un solo
E Dalmiro e Sammete.

Nitteti - E tu, superba,
E tu, fallace amica,
Senza pensar chi sei,
Vai degli affetti miei...

Beroe - Sempre un pastore
L'ho creduto fin or. Sempre...



SCENA III

Amasi e dette.

Amasi - Ah, Nitteti
Del mio figlio il rifiuto
Mi copre di rossor! Ma re, ma padre
Non son, se a vendicarti...

Nitteti - Eh! del tuo sdegno,
Amasi, il corso arresta:
Gran scusa ha il reo; la mia rivale è questa. (con ironia amara)

Amasi - Stelle! che dici!

Nitteti - (come sopra) - Ammira
Gl'incanti di quel ciglio,
Le grazie di quel volto, e assolvi il figlio. (parte)



SCENA IV

Amasi e Beroe.

Beroe - (Tremo da capo a piè). (timida e confusa)

Amasi - T'appressa. (esaminandola fissamente, ma senza sdegno)

Beroe - (Oh Dio!)

Amasi - Parla. Chi sei?

Beroe - Qual vedi,
Un'umil pastorella.

Amasi - Il nome?

Beroe - È Beroe.

Amasi - Ove nascesti?

Beroe - Io nacqui
Colà fra quelle selve,
Che adombrano del Nil l'opposta sponda.

Amasi - Qual ventura a Sammete
Nota ti rese?

Beroe - In rozze lane avvolto,
Fra le nostre festive
Danze innocenti io non so quale il trasse
Curioso desio. Mi vide; il vidi;
Si protestò pastore;
Mi favellò d'amore;
Mi piacque, l'ascoltai;
Dimandò la mia fede; io la giurai.

Amasi - Stelle, la fede tua! Sposa tu sei? (con premura)

Beroe - No, mio re; ma promisi
D'esserla un dì.

Amasi - (Respiro).

Beroe - Sol Sammete in Dalmiro
Oggi, che in ricche spoglie
Nella reggia ei s'offerse agli occhi miei,
Al fin conobbi, e di morir credei.

Amasi - Come tu nella reggia?

Beroe - I tuoi guerrieri
Mi trasser con Nitteti.

Amasi - (con umanità) - Or odi. Io scuso,
Beroe, la tua semplicità; ma pensa
Ch'or tuo dovere...

Beroe - Il mio dover, signore,
Pur troppo io so. Non me ne scemi il merto
L'eseguirlo per cenno. A regie nozze
L'aspirar saria colpa: io ti prometto
Che rea non diverrò. Scacciar Sammete
Dovrei dal core, il so, mio re; ma questo
Non posso offrir; t'ingannerei; conosco
Che l'amerò fin ch'io respiri. Ah, forse
T'offende l'amor mio! Deh! non turbarti;
Sarà breve l'offesa. Io già mi sento
Morir d'affanno. Oh, avventurosa morte,
Ove per lei riposo (piangendo)
Abbian Nitteti, il regno,
Figlio sì caro e genitor sì degno.

Amasi - Giusti dèi, qual favella! (sorpreso)
Ma sei tu pastorella? Ove apprendesti
A spiegarti, a pensar? Quanto han le reggie
Di grande, di gentil, quanto han le selve
D'innocenza e candor, congiunto io trovo
Mirabilmente in te. Deh! non celarti:
Chi sei? chi t'educò?

Beroe - Qualunque io sono,
D'Inaro il padre mio deggio alla cura.

Amasi - E ha saputo un pastor...

Beroe - Sempre ei pastore,
Signor, non fu. Visse già d'Aprio in corte,
Ed è lo stato suo scelta e non sorte.

Amasi - Ah, perché mai non sono
Arbitro ancor del mio voler! Qual altra
Più degna sposa al figlio mio... Ma voglio
Almen, quanto a me lice,
Farti, o Beroe, felice. A tuo talento
Impiega i miei tesori;
Chiedi grandezze, onori; un degno sposo
Fra'miei più cari e più sublimi amici
Scegli a tua voglia...

Beroe - Ah, giusto re, che dici?
Io promettermi ad altri! Ogni promessa
Sarebbe un tradimento.

Amasi - Ma se resta a Sammete
Speranza ancor...

Beroe - Non resterà. Ti puoi
Di me fidar: né troppo,
Signor, Beroe presume;
Darà di sé mallevadore un nume.

Amasi - Come?

Beroe - Ad Iside offrirmi, e fra le sacre
Vergini sue ministre il resto io voglio
De' miei giorni celar. Là, sempre intesa
Ad implorar la vostra,
Farò la mia felicità. Divisa
Da chi solo adorai, perch'ei t'imìti,
Perché un giorno ei divenga
Un eroe, qual tu sei,
Stancherò co' miei voti almen gli dèi.

Amasi - Ah, Beroe! ah, figlia! io fuor di me mi sento (con trasporto di tenerezza)
Di stupor, di contento,
Di tenerezza e di pietà. Chi mai
Vide fiamma più pura?
Chi virtù più sicura?
Chi più candido cor? Sammete, ah, vieni! (vedendo Sammete)



SCENA V

Sammete e detti.

Amasi - Vieni. Non arrossirti: esser superbo
Puoi del tuo amor. T'appressa pur: ti lascio,
Ti fido a lei, l'ascolta: e se fin ora
Legge ti diè quel ciglio,
Quel labbro in questo dì ti dia consiglio.

Puoi vantar le tue ritorte,
Fortunato prigioniero,
Tu che Amore hai condottiero
Sul cammin della virtù.
Tu non déi, com'è la sorte
Di color che Amore inganna,
Arrossir d'una tiranna,
Vergognosa servitù. (parte)



SCENA VI

Beroe e Sammete.

Sammete - Chi al genitor mai rese (con curiosità ed allegrezza)
Il nostro amor palese?

Beroe - Ei da Nitteti,
Ella il seppe da me.

Sammete - Più amabil padre
Trovar si può? Non tel diss'io? Conosce
Tutti i tuoi pregi; approva
Gli affetti miei; di te mi lascia a lato;
Ch'io da quel labbro amato
Prenda consiglio in questo dì mi dice.
Oh padre! oh caro padre! oh me felice!

Beroe - (Beroe, costanza).

Sammete - E tu non parli?

Beroe - Ammiro
Principe, il tuo bel cor. Per un tal padre
La giusta m'innamora
Riconoscenza tua. Dimmi: non merta
Un sì buon genitor da un grato figlio
Ogni prova d'amor?

Sammete - Se il Ciel m'intende
Qualche via m'aprirà, cara, ond'io possa
Farmi una volta al genitor palese.

Beroe - Consolati, Sammete; il Ciel t'intese.

Sammete - Come?

Beroe - Da te dipende
La pace dell'Egitto e la paterna
Tranquillità.

Sammete - Da me?

Beroe - Sì.

Sammete - Parla; a tutto
Pronto son io. Qual per sì grande oggetto,
Qual impresa, ben mio, compir dovrei?

Beroe - L'impresa è dura; abbandonar mi déi.

Sammete - Che? (attonito)

Beroe - Abbandonarmi.

Sammete - Abbandonarti! Ah, forse
Il padre mi deluse?

Beroe - Il padre è giusto;
T'ama, non t'ingannò.

Sammete - Chi dunque chiede
Sì crudel sacrifizio?

Beroe - Il Ciel, la terra;
Tu stesso, se vorrai,
Sammete, esaminarti, il chiederai.
Sei fido alla tua patria? I suoi passati
Rischi non rinnovar. Rispetti il trono?
Non avvilirlo. Al genitor sei grato?
Non scemar sì bei giorni. Ami te stesso?
Rifletti al tuo dover. Beroe t'è cara?
Non opporti al destin: lasciala in quello
Stato in cui nacque, e non espor l'oggetto
De' dolci affetti tui
All'odio, al riso ed agl'insulti altrui.

Sammete - A parlarmi così valor ti senti?
Ah! la virtù che ostenti,
Beroe crudel, di poco amor t'accusa.

Beroe - Di poco amore? Oh Dio!
Se vedessi, ben mio,
Come sta questo cor, com'io mi sento,
No, così non diresti.

Sammete - A non amarmi
Pur disposta già sei.

Beroe - T'inganni. Io posso
E voglio amarti sempre. Io di monarchi
Debitrice all'Egitto
Non son, come tu sei; non è l'amore
Delitto in Beroe. Io libertà non bramo,
Quando ti scioglio. Il dolce cambio antico
De' nostri cori, in quella parte almeno
Che soffre la virtù, serbar vogl'io.
Ti rendo il tuo; ma non dimando il mio.

Sammete - Ah, se vuoi ch'io non t'ami, ah non mostrarti
Così degna d'amore, anima mia!



SCENA VII

Bubaste con guardie, e detti.

Bubaste - Amasi a te m'invia,
Pastorella gentile. È suo volere
Ch'io dipenda dal tuo. Di me disponi;
Esecutor son io
Qui de' tuoi cenni.

Beroe - Amato prence, addio.

Sammete - Che! già mi lasci! Ah, dove vai?

Beroe - Fra poco
Saprà tutto Sammete.

Sammete - I passi tuoi
Seguir vogl'io.

Beroe - No; s'è pur ver che m'ami
Resta, ben mio. Quest'ultimo io ti chiedo
Pegno d'amor.

Sammete - Che tirannia! Ch'io resti
Così senza saper...

Beroe - Fidati, o caro:
Da te lungi io non vo; caro, io tel giuro,
D'altri non sarò mai. Come tu fosti
E l'unico e il primiero,
Sarai sempre tu solo il mio pensiero.

Per costume o mio bel nume,
Ad amar te solo appresi,
E quel dolce mio costume
Diventò necessità.
Nel bel fuoco in cui m'accesi
Arderò perfin ch'io mora;
Non potrei, volendo ancora,
Non serbarti fedeltà. (parte con Bubaste e con le guardie)



SCENA VIII

Sammete, poi Nitteti, indi Amenofi.

Sammete - Assistetemi, o numi;
Son fuor di me. Che avvenne?
Dove Beroe s'invia? Perché mel tace?
Chi la sforza a lasciarmi? Ed io fra queste
Tenebre ho da languir? Morir degg'io,
E ignorar chi m'uccide? È il mio tesoro,
È il genitor che mi tradisce? (resta immobile e pensoso, e non ode che le ultime parole di Nitteti)

Nitteti - Ah, prence,
Son rea; perdona. Un improvviso assalto
Di cieco sdegno al genitor mi fece
La tua Beroe tradir.

Sammete - (con vivacità) - No; principessa,
Possibile non è. Beroe incapace
È di tradirmi. Ha troppo bello il core,
Troppo candida ha l'alma.

Nitteti - O non m'intendi,
O non t'intendo.

Sammete - (da sé) - (In questa angustia, in questa
Oscurità come restar? No; voglio
Raggiungere il mio ben... Ma, oh Dio! m'impose
Di non seguirla). (pensoso come sopra, e non intendendo che le ultime parole di Amenofi)

Amenofi - Al genitor, Sammete,
Il passo affretta. Egli m'impose...

Sammete - Ed io
Ubbidirla non posso:
Nulla ho promesso a lei. Quand'io la siegua,
Non dee Beroe sdegnarsi. (in atto di partire)

Amenofi - Odi; arresta.
Qual favella è mai questa? Io non ritrovo
Senso ne' detti tuoi. Non sembra intero,
Caro prence, il tuo senno.

Sammete - È vero, è vero;
Son fuor di me; perdona:
La ragion m'abbandona. Ah, chi pretende
Ragion da un disperato?
Non l'ha chi non la perde in questo stato.

Mi sento il cor trafiggere,
Presso a morir son io:
E non conosco, oh Dio!
Chi mi trafigge il cor.
Non so dove mi volgere:
Indarno i numi invoco;
E il duolo a poco a poco
Degenera in furor. (parte)



SCENA IX

Nitteti ed Amenofi.

Nitteti - Povero prence! A quale
Estremità per mia cagion tu sei!
De' folli sdegni miei quanto, Amenofi,
Quanto or mi pento!

Amenofi - È degna
Dell'eccelsa Nitteti
Questa pietà. Quanto d'invidia è degno
Chi può farsene oggetto! Io, se ottenerla
Così mi fosse dato,
Conterei per favor l'ire del fato.

Nitteti - Ah dal caso funesto
D'esigerla così, prence cortese,
Ti preservin gli dèi!

Amenofi - Essi intendono meglio i voti miei.

Nitteti - Sammete ama da vero; è amato, e teme
Di perdere il suo bene: ad ogni eccesso
Può il dolor trasportarlo. Al suo dolore
Deh, non l'abbandonar! Le parti adempi
D'un fido amico. Io ti dovrò la cura
Che avrai di lui.

Amenofi - Sì venerato cenno
All'amistà s'accorda. Io vo; ma intanto
Tu risparmia, o Nitteti,
Qualche pietà per gli altri ancora. È grande
De' miseri lo stuolo;
Né a meritar pietà Sammete è solo.

Chi sa qual core
Per te languisce,
E non ardisce
Chieder mercé!
Ancora un timido
Modesto amore
Parmi che meriti
Pietà da te. (parte)



SCENA X

Nitteti e Bubaste.

Nitteti - Se lasciasse Sammete
Un solo in libertà de' miei pensieri,
Amenofi l'avria. Degno è d'amore
Quel tenero rispetto,
Con cui celando in petto
Le sue fiamme segrete...

Bubaste - Amenofi dov'è? (con gran fretta)

Nitteti - Cerca Sammete.

Bubaste - Dunque ad Amasi io volo.

Nitteti - Odi. Che rechi?
Donde vieni? che fu?

Bubaste - Temo, o Nitteti,
Qualche fiero disastro.

Nitteti - Onde la tema?

Bubaste - Volle Beroe da me d'Iside a' sacri
Recinti esser condotta:
Io l'ubbidii; ma nel tornar dal tempio
In Sammete m'avvenni. Ah, principessa,
Se veduto l'avessi!... Io tremo ancora
Riandandone l'idea.
Forsennato correa; chiedea seguaci;
Scotea nudo l'acciar; torbido il volto,
Scomposto il manto, il crin; parea dal ciglio
Vibrar folgori ardenti;
Fremea piangendo, e confondea gli accenti.

Nitteti - E scelto ha Beroe istessa...

Bubaste - Perdona, o principessa; erro, s'io resto:
Può troppo un breve indugio esser funesto. (parte in fretta)

Nitteti - Misera! quai ruine un mio geloso
Sconsigliato trasporto
Può cagionar! Taciuto avessi: oh Dio!
Fu cieco il condottier, fui cieca anch'io!

Se fra gelosi sdegni
V'è alcun che soffra e taccia,
Deh! per pietà m'insegni
Come si può tacer;
Come si tiene ascoso
Quell'impeto geloso,
Che tutti esprime in faccia
I moti del pensier! (parte)



SCENA XI

Gran porto di Canopo ripieno di navi e di nocchieri.

Sammete dalla destra traendo per mano Beroe, e séguito di compagni armati.

Beroe - Ma dove, oh Dio! mi guidi?
Qual furor ti consiglia! Ah, che facesti? (comincia ad oscurarsi il cielo)
La tua ragion si desti:
Pensa ad Iside, al padre, a te.

Sammete - Non posso
Pensar che a Beroe. È sola (lampi)
Beroe la mia ragion.

Beroe - Rendimi al tempio, (tuoni)
Idol mio, per pietà. Condanna il Cielo
L'irriverenza tua. Ve' come a un tratto
Tempestoso si fa. Mira de' lampi
Il sanguigno splendor; de' tuoni ascolta
Il fragor minaccioso. Ah, par vicino
L'orrido de' mortali ultimo scempio!
Idol mio, per pietà, rendimi al tempio.

Sammete - Eh! non turbarti; è questa
Passeggiera tempesta. Andiamo: aperto
Il mar ci offre lo scampo.

Beroe - Il mar! Non vedi
Che ogni cammin ti serra
L'avverso irato Ciel? che il mar, sconvolto
Fra il contrasto de' venti,
Mugge, biancheggia, e l'onde
Con le nubi confonde? Oimè, non farti
Dell'ira degli dèi misero esempio!
Rendimi, per pietà, rendimi al tempio.

Sammete - Ma vi sono, empie stelle, (con intolleranza impetuosa)
Più disastri per me? Stanche non siete
Di tormentarmi ancor?

Beroe - Fuggi, Sammete.

Sammete - Perché?

Beroe - Giungono armati. Oimè! la fuga
Impossibil già parmi.

Sammete - E ben, tutto si perda. Amici, all'armi. (lascia Beroe, snuda la spada, e seco i suoi seguaci)

Beroe - Ah no, che fai? Cedi più tosto il brando;
Abbandonati al padre.

Sammete - Al mondo intero
M'opporrò per serbarti, o mio tesoro.
All'armi, all'armi. (ai seguaci)

Beroe - Oh Dio! t'arresta... Io moro. (sviene sopra un sasso alla destra. Sammete assale furioso le guardie reali, e si disvia inseguendone alcune alla sinistra. Intanto fra il balenar de' frequenti lampi, fra il rimbombo de' tuoni e,fra il muggito marino, a vista delle navi e de' nocchieri, che balzati dalle onde e sospinti dal vento si urtano fra di loro, si frangono e si sommergono in parte; siegue, con lo strepito di tumultuosa sinfonia, nella spiaggia e nel porto, ostinato combattimento fra i seguaci di Sammete e le guardie reali, che vincitrici alfine rincalzando gli altri, lasciano vuota la scena. Verso il fine del combattimento cessa a grado a grado il furore della tempesta, si va rasserenando il cielo, e l'iride comparisce)



SCENA XII

Beroe cominciando a rinvenire, poi Sammete dalla sinistra difendendosi da due de' custodi reali; finalmente Amasi con numeroso séguito d'armati dalla destra.

Beroe - (senza aprir gli occhi)
Oimè! Deh, per pietà rendimi... Oh dèi, (guardando sorpresa intorno)
Sola restai! Prence? (s'alza) Sammete? Ah, dove,
Misera, andò? Forse è rimasto esangue;
Forse... Ma sento ancora
Colà strepito d'armi.

Sammete - (di dentro alla sinistra) In van ch'io ceda,
Temerari, sperate. (esce)

Beroe - Ah! basta, o prence;
Più non opporti agli astri.

Amasi - Olà, deponi,
Forsennato, quel brando, e prigioniero
Renditi a queste squadre.

Beroe - Principe, non opporti.

Sammete - (si lascia disarmare) Ah, Beroe! ah, padre!

Amasi - Ingrato! ecco i bei frutti (con ironia lenta ed amara)
De' paterni sudori; ecco la bella
Mercé che tu mi rendi, ecco l'eroe:
Sol nel primo delitto (con enfasi seria)
Tanti unir ne sapesti,
Che i rei più illustri al cominciar vincesti.
Qual rispetto, qual legge,
Qual dover non calpesti? Il duol d'un padre,
L'ira del Ciel, la maestà d'un trono
Freni bastanti al tuo furor non sono.
Ingrato...

Beroe - Ah! basta. Al prence
Tutto non dessi il tuo rigor. La rea
De' suoi falli son io: le ree son queste
Infelici sembianze. Io l'allettai;
Io lo sedussi; io gli turbai la mente.
Se mai non mi vedeva, era innocente.

Amasi - D'un figlio contumace
In van la tua pietà...

Beroe - No, contumace,
Mio re, non è. Conosco
Per lungo uso quel cor. T'ama, t'onora.
Non son gli eccessi suoi che ultimi sforzi
D'un moribondo amor.

Amasi - M'onora e m'ama
Ei, che ad esser mi astringe
O fiero padre, o ingiusto re? Potea
Forse ignorar che una sua colpa sola
M'avrebbe oppresso? Il sol dolor d'un padre,
Tenero al par di me, gl'impeti suoi
Raffrenar non dovea? Quest'è l'amore?
Quest'è il rispetto? Ah, questo
È il disprezzo più atroce,
Quest'è l'odio più nero,
Questo...

Sammete - No, padre mio; no, non è vero.
Di rispetto, d'amore,
Qual più da me ti piace,
Dura prova dimanda. Armi, ruine,
Mostri, incendi, tempeste
Affronterò, né vacillar vedrai
L'ubbidienza mia. Ma Beroe, oh Dio!
Ma Beroe abbandonar? Ah! padre, io l'amo;
Io non amai che lei:
Ella è tutto per me. Se lei mi togli...

Amasi - Custodi, olà, traete
Al suo carcere il reo. (Sammete è incatenato)

Beroe - Pietà, signor!

Sammete - Su la paterna mano...

Amasi - Parti. (l'evita senza sdegno)

Sammete - Ah! concedi al mio dolor verace
Che questo pegno almen...

Amasi - Lasciami in pace.

Sammete - Guardami, padre amato.

Amasi - Lasciami, figlio ingrato.

Beroe - Amor ti dia consiglio.

Amasi - È troppo ingrato il figlio.

Sammete - Ingrato, ah! non son io.

Beroe - Eccede il tuo rigor.

A tre - In quante parti, oh Dio,
Mi si divide il cor!

Sammete - Signor, de' falli miei
Sai la cagion qual è.

Beroe - Non ti scordar che sei
Pria genitor che re.

Amasi - (In tal cimento, oh dèi,
Chi mai si vide ancor!) (partono da diverse parti)



ATTO TERZO

SCENA I

Logge adornate di statue, con magnifiche scale che conducono a' giardini reali.

Amasi e Nitteti, poi Bubaste.

Nitteti - E fia vero, o mio re? Varran sì poco
Dunque nel cor d'un padre
I dritti di natura? Un figlio...

Amasi - Un figlio,
Che pria di me se gli scordò, non merta
Ch'io li rammenti. È reo di morte...

Nitteti - È reo;
Ma non l'istessa han sempre i falli istessi
Velenosa sorgente. È reo; ma sai
Che non ribelle avidità d'impero,
Non disprezzo de' numi, odio del padre
Gli armò la man: fu giovanil furore,
Fu cecità d'amore. E chi può dirsi
Di tal colpa innocente? Ei Beroe adora;
Ei la perdea. Tu non conosci appieno
Qual virtù, qual bellezza il figlio accese.
Ah! son grandi, o signor, le sue difese.

Amasi - Beroe m'è nota; e, più di quel che credi,
Padre son io; ma di giustizia io deggio,
Non di deboli affetti,
Oggi prove all'Egitto. Oggi conversi
Tutti son gli occhi in me. Da me ciascuno...

Nitteti - Ciascun da te dimanda
Clemenza, e non rigor. Mostrati, e udrai
Delle supplici voci a pro del figlio
Il grido universal. Se a te non puoi,
Donalo al comun voto,
Donalo al mio. Dal tuo favor, da tante
Tue regie offerte autorizzata assai
Ad implorar mi credo,
Signor, grazie da te: questa io ti chiedo.

Amasi - Olà. D'Aprio una figlia
Dà legge, allor che implora. Olà, Bubaste,
All'oscuro recinto
Ov'è Sammete, affretta il passo.

Nitteti - (Ho vinto).

Amasi - Digli che salvo il vuole
Nitteti offesa, e ch'io consento, a patto
Che grato ei sia. Purché ad offrirle in dono
Venga il cor con la destra, io gli perdono.

Nitteti - (Oimè!)

Bubaste - Volo. (volendo partire)

Nitteti - Che fai? Questo è castigo,
Amasi, e non perdono. Io mai non chiesi
Prezzo dell'opra mia.

Amasi - Ma l'opra istessa
Il chiede assai.

Nitteti - Dunque m'ascolta. (Ah, tutto
Per salvarlo si tenti!) In van tu fai
D'un infelice figlio
Violenza all'amor. Sempre sarebbe,
Bench'ei cedesse, il tuo pensier deluso:
Io (soffritelo, affetti), io lo ricuso.

Amasi - Ricusalo, se vuoi; ma venga, ed offra
Materia al tuo rifiuto.

Nitteti - Inutil cura.

Amasi - Ah, generosa! in vano
La tua celar pretendi
Ingegnosa pietà. Vuoi salvo il figlio,
Ostinato il conosci, e di sottrarlo
Al cimento procuri. Io, che t'ammiro,
Secondarti non deggio. I sensi miei
Bubaste, udisti. A lui li reca, e torna
A me co' suoi. (parte Bubaste)

Nitteti - Dunque?...

Amasi - Ho deciso. O ceda
O aspetti il suo castigo.

Nitteti - (Ah, di salvarlo
Facciam l'ultime prove!) (in atto di partire)

Amasi - Dove, Nitteti?

Nitteti - Ad arrossirmi altrove. (parte)



SCENA II

Amasi, indi Amenofi.

Amasi - Ah! de' falli del figlio in parte è reo
Il mio soverchio amor. Poco, or m'avveggo,
Il mio cor gli celai. Troppo conosce
Che il punirlo è punirmi, e forte il rende
La debolezza mia. Ma, s'ei non cede,
Giudice e re... No; cederà. Si sprezza
Da lungi, il so, ma non si guarda poi
Con la costanza istessa
Il momento fatal, quando s'appressa.

Amenofi - Con sollecita istanza
D'Iside il sacerdote
Chiede, signor, che tu l'ascolti.

Amasi - Intendo.
Del tempio profanato
Vorrà vendetta.

Amenofi - A me nol disse. Ei reca
Un chiuso foglio; ed uom canuto ha seco,
Che alla spoglia mi parve,
Non ai detti, un pastor.

Amasi - (in atto di partire) - Che fia! S'ascolti.
Tu qui Bubaste attendi, e, quando ei giunga
Sollecito m'avverti. (come sopra)

Amenofi - Eccolo.

Amasi - (dopo essersi rivoltato e aver guardato attentamente Bubaste dentro la scena)
Oh dèi!
In quella fronte oscura
Leggo la mia sventura.



SCENA III

Bubaste e detti, indi Beroe.

Amasi - E ben? (con premura a Bubaste)

Bubaste - Signore... (con timore, tardando in rispondere)

Amenofi - Dunque, ad onta di tante
Grazie, Sammete è ancor ribelle?

Bubaste - (in atto di scusa) È amante.

Amasi - Dunque non han più loco
Né ragione in quel core,
Né timor, né pietà?

Bubaste - (come sopra) - L'occupa amore.

Amasi - L'occuperà per poco. (esce Beroe e resta indietro) Un sangue reo
Si versi, ancorché mio. (con molto sdegno in atto di partire)

Beroe - Misera!

Amenofi - Ah! pensa...

Amasi - Tacete. Alcun di lui (con molto sdegno)
Più non osi parlarmi. È chi il difende
Reo dell'istessa pena. (partendo)

Beroe - Ah! signor, per pietà m'odi, e mi svena. (Amasi si rivolge, Beroe si getta a'suoi piedi)

Amasi - Beroe, sorgi; che vuoi?

Beroe - L'onor del figlio,
La pace del tuo regno,
La tua felicità, tutto io ti tolsi,
Tutto ti renderò. L'ira sospendi
Fin che al prence io favelli. Io tel prometto
Pentito, ubbidiente,
Sposo a Nitteti, e in questo dì.

Amasi - Ch'io speri
D'un figlio reo l'emenda
Dalla cagion che l'ha sedotto?

Beroe - Il ferro
Atto a ferir può risanar. Ti fida,
Credimi...

Amenofi - Ah! sì. Rammenta
Aprio e il tuo giuramento. È d'altri il figlio:
Sai che il devi a Nitteti.

Amasi - Ei la ricusa.

Beroe - L'accetterà: lascia ch'io parli.

Amasi - A lui
Va, se vuoi; non tel vieto;
Ma ritorna a momenti.

Beroe - I suoi custodi
Mel vieteran.

Amasi - Del regio assenso il segno
Questa gemma sarà. (le dà l'anello) Va; ma vedrai
Ch'oltre a ragion del tuo poter presumi.

Beroe - (Or la vostra assistenza imploro, o numi). (parte in fretta)

Amasi - Se un tenero disprezza
Pietoso padre in me,
D'un giudice e d'un re
Soffra il rigore.
Sarebbe or debolezza
D'Amasi la pietà:
Amasi non avrà
Questo rossore. (parte)



SCENA IV

Amenofi e Bubaste.

Amenofi - Dove, Bubaste?

Bubaste - Appresso al re.

Amenofi - Non puoi.

Bubaste - Perché?

Amenofi - D'Iside è seco
Il sacerdote.

Bubaste - Il sacerdote! Ei mai
Non lascia il sacro albergo
Senza grave cagion. T'è nota?

Amenofi - Un foglio
In man gli vidi, ed un pastore al fianco:
Altro non so.

Bubaste - Contro Sammete il padre
Forse irritar vorrà.

Amenofi - Deh! tu, che sei
Sempre d'Amasi a lato, i moti osserva
Del confuso suo cor. Se qualche atroce
Gli uscisse mai dal labbro
Improvviso comando,
Sospendilo: m'avverti. Il caro amico
Merta pietà.

Bubaste - Nel portico vicino
Amasi attenderò: tutto saprai;
Fidati a me. L'opporsi al suo rigore
È di fida pietà saggio consiglio:
Conserva il re chi gli conserva il figlio.

La mia virtù sicura
Parla d'entrambi al cor;
Dal figlio il genitor
No, non divide.
Saria d'ogni sventura
Fra lor comune il duolo;
E chi ne salva un solo
Entrambi uccide. (parte)



SCENA V

Amenofi solo.

Amenofi - Ah, proteggete, o numi,
Questo re, questo regno. Ubbidienza
Inspirate a Sammete: e sposo... Oh Dio!
Nitteti perderei.
Come! E gli affetti miei faran contrasto
Al voto di ragion? No; sono amante,
Ma sì debol non sono.
Della ragion col dono il Ciel distinse
Gli uomini dalle fiere; e sì geloso
Del dono io son, che risentir lo voglio
In quegl'impeti ancora
Che alle fiere ho comuni. Uom, che si scorda
Del privilegio suo, qualor lo sproni
O l'amore o lo sdegno,
È ingrato al Cielo, e d'esser fiera è degno.

Sì, mio core, intendo, intendo;
Tu contrasti, e ti lamenti;
Tu sospiri, e mi rammenti
La tua cara servitù.
No, mio cor, fra' tuoi martìri
Che sospiri io non contendo,
Purché siano i tuoi sospiri
Un trofeo della virtù. (parte)



SCENA VI

Fondo oscuro di antica torre, chiuso in varie parti da rugginoso cancelli, che lasciano vedere in lontano le rovinose scale, per cui vi si scende.

Beroe e Sammete disarmato.

Sammete - Come! sposo a Nitteti (turbato)
Beroe mi vuol?

Beroe - Sì, caro prence, e prima (sollecita e affannata)
Che il sol giunga all'occaso. Or non si tratta
Di grado, di decoro,
Di ragion, di dover. Quest'imeneo
Della tua vita è il solo prezzo: al padre
Io l'ho promesso; e il fatal colpo appena
Ho sospeso così. Non v'è più tempo
D'esaminar: salvati, vivi; io prego,
Io consiglio, io comando.

Sammete - E ad altra sposa (con ironia lenta ed amara)
Tranquillamente in braccio...

Beroe - (con tenerezza) - Ah, tu non déi
Saper com'io mi senta
In questo punto il cor!

Sammete - La tua costanza
Lo palesa abbastanza.

Beroe - E ben, se vuoi, (con rassegnazione affettata)
Credi pur ch'io non t'amo. Al nuovo laccio
Per punirmi t'affretta;
Conserva la tua vita, e sia vendetta.

Sammete - Non è facile impresa
L'imitarti, o crudel.

Beroe - Sarei pietosa
Se spirar ti vedessi? Ah, prence amato, (con passione)
Volan gl'istanti; il re m'attende. Ah, cedi
Al padre, al fato, al mio dolor!

Sammete - (con ammirazione) - Ch'io stringa
Sposo altra man...

Beroe - Sì, la tua Beroe il vuole. (con dolcezza ed affetto)
L'arbitra, mel dicesti,
Son pur io del tuo cor.

Sammete - (dubbioso) - Che pena!

Beroe - Io tremo,
Io palpito, io mi sento
Tutto il sangue gelar nel tuo periglio.
Prence, pietà: la chiedo (tenerissima)
Per quei teneri sguardi,
Per quei sospiri, onde a parlar fra loro
Hanno nei primi istanti
Le nostre incominciato anime amanti.

Sammete - Aimè!

Beroe - Sì, lo conosco, (con ilarità e fretta)
Sei già disposto a consolarmi. Al padre
Del lieto avviso apportatrice io volo. (in atto di partire)

Sammete - Ferma, Beroe. (con premura ansiosa)

Beroe - Perché?

Sammete - (risoluto) - Troppo pretendi.
Io non posso, io non voglio; io di Nitteti,
Rovini il ciel, non sarò mai consorte.

Beroe - Dunque della tua morte (grave, torbida e lenta)
Spettatrice mi vuoi? No; questa pena (si slontana)
Per un'anima fida è troppo amara.
Guarda, se non lo sai, guardami, e impara. (snuda uno stile)

Sammete - Fermati! (movendosi per avvicinarsi e trattenerla)

Beroe - Affretti il colpo,
Se d'un passo t'appressi. (solleva il braccio in atto di ferirsi)

Sammete - (arrestandosi) - Ah, Beroe, ah, cara
Parte dell'alma mia,
Pietà!

Beroe - Quella che ottenni
Ti rendo, ingrato. (in atto di ferirsi)

Sammete - (slontanandosi) - Ah! no: prescrivi, imponi,
Di'qual mi brami.

Beroe - (con autorità) - Ubbidiente al padre,
Fido sposo a Nitteti, e de' tuoi giorni
Rispettoso custode.

Sammete - (con sommissione) - E ben, deponi
Dunque, o cara, l'acciar. Pronto son io
Tutto, tutto a compir.

Beroe - (autorevole) - Giuralo.

Sammete - (in atto supplichevole) - Oh Dio!
Che tirannia! Beroe, mia vita...

Beroe - (grave, torbida e minacciosa) - Ingrato!
Dunque delusa io sono
Se di te m'assicuro?
Ah, vedimi morir. (risoluta in atto di ferirsi)

Sammete - Fermati: io giuro.
Getta quel ferro: esecutor fedele
Sarò de'cenni tuoi; lo giuro a' numi;
Lo giuro a te, cor mio.

Beroe - (Oh vittoria crudel!) (getta lo stile e s'abbandona come stanca) Sammete, addio. (in atto di partire)

Sammete - Dove sì presto?

Beroe - Al re.

Sammete - Sentimi almeno,
Pria che a lui t'incammini.

Beroe - No, prence. I suoi confini
Ha la nostra virtù. Ne arrischia il frutto
Chi quelli eccede. È l'abusarne ormai
Temerità: fu cimentata assai.

Bramai di salvarti;
Già salvo ti vedo:
Dal Ciel più non chiedo;
Mi basta così.
Vuoi grato mostrarti?
Del duol tuo funesto
Proccura che questo
Sia l'ultimo dì. (parte)



SCENA VII

Sammete solo, indi Nitteti con seguaci arrivati.

Sammete - Misero, che giurai! Come da quella
Dividermi per sempre, onde diviso
Viver non posso un solo istante! Ah, troppo
Per soverchia pietà Beroe crudele!
Ah, tu non sai!... Ma quale
Di rugginosi cardini improvviso
Stridore ascolto? Inusitato ingresso
S'apre colà. Chi fia? Nitteti! Oh stelle!
Ed armati ha con sé! La sua vendetta
Fra quest'orride forse ombre segrete
A nasconder verrà.

Nitteti - Fuggi, Sammete:
Chi fece il tuo periglio,
Ti reca libertà. Chiusa ogni via
Han trovata i miei prieghi al cor del padre:
Questa l'oro m'aprì. (accennando la porta per la quale è venuta) Gli altri riguardi
Il mio dover tutti ha posposti.

Sammete - È tardi.

Nitteti - Tardi sarà, se non risolvi. Un solo
De' reali custodi
Che ascolti, che s'avvegga... Ah prence, ah fuggi,
Non t'arrestar!

Sammete - Non è più tempo.

Nitteti - Ingrato!
Dalla mia man ti spiace
La vita ancor! Va; non temer, non chiedo
Mercé dell'opra.

Sammete - Oh Dio, Nitteti! (con impazienza)

Nitteti - Intendo:
Perder Beroe paventi
Lasciandola così. Va pur: l'avrai;
Io ne sarò custode;
A te si serberà.

Sammete - Qual nuovo è questo
Eccesso di virtù! Dopo un rifiuto...



SCENA VIII

Bubaste e detti.

Bubaste - Prence, ti chiede il re.

Nitteti - (Tutto è perduto).

Sammete - Giunse già Beroe al re?

Bubaste - No; ma desia
Amasi di vederla. Io per cammino
In lei m'avvenni, e l'affrettai.

Sammete - Che vuole
Il genitor da me?

Bubaste - Nol so. Lasciai
D'Iside seco il sacerdote; e solo
Te condurgli m'impose. Andiam; ci attende:
Non l'irritiam.

Nitteti - (a Sammete) - Deh, non esporti! Amico, (a Bubaste)
Salviam Sammete. Io quel cammin gli apersi;
Ei può, se non t'opponi...

Sammete - Ah, d'agitarti
Per me cessa, o Nitteti. Al padre è forza
Ch'io mi presenti.

Nitteti - Ed incontrar non temi
I paterni rigori?

Sammete - Son finiti (ah, pur troppo!) i miei timori.

Decisa è la mia sorte;
Tutto cangiò d'aspetto:
Più non mi trovo in petto
Né speme, né timor.
La vita ormai, la morte,
Il trono e le ritorte
Indifferente oggetto
Divennero al mio cor. (parte con Bubaste)



SCENA IX

Nitteti sola.

Nitteti - Volubile, incostante
La fortuna è per gli altri; a danno mio
Solamente l'istesso
Ostinato timor sempre mantiene;
Né ottener, né salvar posso il mio bene.

Son pietosa e sono amante,
E nemica ho la fortuna
Nell'amor, nella pietà.
Mai felice un solo istante
Non provar fin dalla cuna
È crudel fatalità. (parte)



SCENA ULTIMA

Reggia di Canopo riccamente adorna ed illuminata in tempo di notte per festeggiar l'arrivo del nuovo re.

Amasi con foglio in mano ed Amenofi. Grandi d'Egitto, nobili, Etiopi, oratori delle provincie, paggi, guardie reali e numeroso séguito di altre nazioni; indi Beroe, poi Sammete con Bubaste, e finalmente Nitteti.

Amenofi - Ma qual gioia improvvisa, (alla destra d'Amasi)
Signor, ti ride in volto? Ah, la mia fede
Merita pur ch'io n'entri a parte!

Amasi - Amico,
Tu vedi de' mortali
Oggi il più lieto in me. Sappi...

Beroe - (alla destra d'Amasi)È compìto,
Amasi, il mio dover; Sammete...

Amasi - Ah, dove,
Dov'è? Tanto al mio ciglio
Perché tarda ad offrirsi?

Sammete - Ah, padre! (gettandosi in ginocchioni alla sinistra del padre)

Amasi - Ah, figlio!

Sammete - Pentito, ubbidiente
Eccomi a' piedi tuoi. Del fallo mio
Il castigo a soffrir pronto son io.

Amasi - Sorgi. Il tuo pentimento
Chiede premio, e l'avrà. D'Aprio la figlia
Ti renderà felice; e Beroe istessa
Non ne sarà gelosa.

Sammete e Beroe - (Oh Dio!)

Amasi - Questa è Nitteti, ed è tua sposa. (prende senza fretta Beroe per mano, e la conduce a Sammete)

Sammete - Che mai dici?

Beroe - Io Nitteti! (esce Nitteti e l'ascolta)

Sammete - Come esser può?

Amasi - Non dubitar del dono:
La tua Beroe è Nitteti.

Nitteti - Ed io chi sono?

Amasi - Ah! vieni, amata figlia, (le va incontro, l'abbraccia e le resta alla destra)
Vieni al mio seno.

Nitteti - Io figlia tua?

Amasi - Sì, quella
Amestri che bambina
Già piansi estinta.

Beroe - (ad Amasi) - Io nulla intendo.

Amasi - Ascolta.
La real madre tua perdé la vita
Nel darla a te. Da un subito in quel giorno
Moto ribelle Aprio a fuggir costretto,
Te in fasce alla mia sposa
Per celarti fidò. Grave ella il seno
Di parto ormai maturo (e Amestri è quella
Che espose poi) lenta fuggia. S'avvenne
In un pastor: tacque il tuo stato; e a lui
Come Beroe ti diede. Aprio in Canopo
Tornò poi vincitor. Da lei richiese
Il confidato pegno. Ella, il nascosto
Pastor cercato in vano, Amestri estinta
A far credere attese;
La pubblicò Nitteti, e al re la rese.

Sammete - Tutto ciò donde sai?

Amasi - Da questo foglio
Che, impresso di sua man, la mia consorte
D'Iside al sacerdote
Morendo consegnò.

Beroe - Dunque celato
Perché fu sin ad or?

Amasi - Temea la sposa
Ch'Aprio si vendicasse e dell'inganno
E della sua mal custodita figlia
In Sammete ed in me. Quindi prescrisse
Che a tutti, Aprio vivendo,
Si tacesse l'arcano.

Nitteti - Anche al consorte?

Amasi - Sì. L'esatta mia fé, la mia paterna
Tenerezza sapeva; e mi suppose
Complice mal sicuro.

Amenofi - E chi ne accerta,
Soffri il mio zel, che questa Beroe è quella?
Non può supporne altra il pastor?

Amasi - No: quando
A lui la consegnò, cauta la sposa
Con un acciar di queste note impresse (mostra i caratteri del foglio)
Il destro alla bambina
Tenero braccio, ove alla man confina.

Beroe - È vero: eccole; osserva. (ad Amasi)

Amasi - Il so. Poc'anzi
Inaro già mel disse.

Beroe - Inaro! Ah, dove
È il padre mio?

Amasi - Seco il conduce al tempio
D'Iside il sacerdote,
Che d'un doppio imeneo va per mio cenno
A prepararsi al rito. Oggi d'Amestri
Voglio sposo Amenofi; ed alla vera
Nitteti il mio Sammete.

Amenofi - E al cor d'Amestri
Posso aspirar?

Nitteti - T'è ben dovuto.

Beroe - Io temo,
Sammete, di sognar.

Sammete - Mia Beroe, io sento
Che angusto il core a tanta gioia...

Amasi - Ancora
Tempo, o figli, non è di sciorre il freno
A' vostri affetti. Oggi propizio il Cielo
Diè per voi di clemenza un raro esempio:
Prima al tempio si vada.

Tutti - Al tempio, al tempio.


CORO
Temerario è ben chi vuole
Prevenir la sorte ascosa,
Preveder dall'alba il dì.
Chi sperar poteva il sole,
Quando l'alba procellosa
Questo giorno partorì?






Pietro Metastasio - Opera Omnia  -  a cura de ilVignettificio  -  Privacy & cookie   -   SITI AMICI: Ph.D Thesis

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