Pietro Metastasio - Opera Omnia >>  Achille in Sciro




 

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Dramma immaginato e disteso dall'autore nel prescritto termine di giorni diciotto, e rappresentato, con musica del Caldara, in Vienna, la prima volta, nell'interno gran teatro della cesarea corte, alla presenza degli augustissimi sovrani, il dì 13 febbraio 1736, per festeggiare le felicissime nozze delle altezze reali di Maria Teresa, arciduchessa d'Austria, poi imperatrice regina, e di Stefano Francesco, duca di Drena, granduca di Toscana e poi imperatore de'Romani.


ARGOMENTO

È per antica fama assai noto che, bramosi di vendicar con la distruzione di Troia la comune ingiuria sofferta nel rapimento d'Elena, unirono già le forze loro tutti i principi della Grecia. Intanto che la formidabile armata si raccogliea, cominciò a spargersi fra le adunate schiere una predizione: «che mai non avrebbero espugnata la nemica città, se non conducevano a questa. impresa il giovanetto Achille, figliuolo di Teti e di Peleo»; e prese a poco a poco tanto vigore questa credenza nell'animo de' superstiziosi guerrieri, che, ad onta de'loro duci, risolutamente negavano di partir senza Achille. Seppelo Tetide; e, temendo della vita del figlio, se fosse trasportato fra l'armi, stabilì di nasconderlo alle ricerche de' Greci. Corse perciò in Tessaglia, dove sotto la cura dell'antico Chirone educavasi Achille; e, trattolo seco, lo rivestì nascostamente d'abiti femminili, consegnollo ad un suo confidente, imposegli che condur lo dovesse nell'isola di Sciro, sede reale di Licomede, e che ivi sotto nome di Pirra, come propria sua figlia, celatamente lo custodisse. Eseguì l'accorto servo esattamente il comando; andò con sì gran pegno in Sciro; cambiò, per esser più sconosciuto, il proprio vero nome in quel di Nearco; e sì destramente s'introdusse in quella corte, che ottennero in breve onorato luogo, egli fra' ministri reali, e la mentita Pirra fra le ancelle della principessa Deidamia, figliuola di Licomede. Col favore delle finte spoglie potendo Achille ammirar sì dappresso gl'innumerabili pregi della bella Deidamia, se ne invaghì, non seppe nascondersi a lei: trovò corrispondenza e si accesero entrambi d'uno scambievole ardentissimo amore. Se ne avvide per tempo il vigilante Nearco, ed, in vece d'opporsi a' loro nascenti affetti, usò tutte le arti per fomentarli, promettendosi nell'innamorata principessa un soccorso a raffrenar le impazienze d'Achille; il quale, non sapendo reprimere gl'impeti feroci dell'indole sua bellicosa, sdegnava, come ceppi insoffribili, i molli femminili ornamenti, e, al balenar d'una spada, al risonar d'una tromba o al solo udirne parlare, già tutto fuor di se stesso, minacciava di palesarsi; e l'avrebbe anche fatto, se l'attenta Deidamia, timorosa di perderlo, non avesse proccurato di temperarlo. Or, mentre questa cura costava a lei tanta pena, seppesi nell'armata de' Greci dove e in quale abito Achille si nascondeva, o dubitossene almeno. Si concluse perciò fra questi d'inviare a Licomede un accorto ambasciadore, il quale, col pretesto di chiedere a nome loro e navi e guerrieri per l'assedio troiano, procurasse accertarsi se colà fosse Achille, e seco per qualunque mezzo il conducesse. Fu destinato Ulisse, come il più destro d'ogni altro, ad eseguir si gelosa commissione. Andovvi egli, ed approdò su le marine di Sciro in un giorno appunto, in cui colà celebravansi le solenni feste di Bacco. La sorte gli offerse al primo arrivo indizi bastanti onde incamminare le sue ricerche: se ne prevalse. Sospettò che in Pirra si nascondesse Achille; inventò prove per assicurarsene; fece nascere l'occasione di parlar seco, ad onta della gelosa custodia di Nearco e Deidamia; e, ponendo allora in uso tutta la sua artifiziosa eloquenza, lo persuase a partirsi. Ne fu avvertita la principessa e corse ad impedirlo; onde ritrovossi Achille in crudelissime angustie fra Deidamia ed Ulisse. Adoprava uno i più acuti stimoli di gloria per trarlo seco; impiegava l'altra le più efficaci tenerezze d'amore per trattenerlo: ed egli, assalito in un tempo medesimo da due così violente passioni, ondeggiava irresoluto nel tormentoso contrasto. Ma il saggio re lo compose. Egli, di tutto, fra questi tumulti, informato, consente il richiesto eroe alle istanze d'Ulisse; concede la real principessa alle dimande d'Achille, e, prescrivendo a lui con qual prudente vicenda debbano secondarsi fra loro le tenere cure e le guerriere fatiche, mette d'accordo nell'animo suo combattuto e la gloria e l'amore.
Incontrasi questo fatto presso che in tutti gli antichi e moderni poeti; ma, essendo essi tanto discordi fra loro nelle circostanze, noi, senz'attenerci più all'uno che all'altro, abbiam tolto da ciascheduno ciò che meglio alla condotta della nostra favola è convenuto.


INTERLOCUTORI

Licomede re di Sciro.
Achille in abito femminile, sotto nome di Pirra, amante di Deidamia.
Deidamia figliuola di Licomede, amante l'Achille.
Ulisse ambasciator de' Greci.
Teagene principe di Calcide, destinato sposo a Deidamia.
Nearco custode d'Achille.
Arcade confidente d'Ulisse.
Coro di baccanti
Coro di cantori

Nella macchina.

La gloria
Amore
Il tempo
Coro de'loro seguaci.


Il luogo dell'azione è la reggia di Licomede, nell'isola di Sciro.


ATTO PRIMO

SCENA I

Aspetto esteriore di magnifico tempio dedicato a Bacco, donde si scende per due spaziose scale. È il tempio circondato da portici, che, prolungandosi da entrambi i lati, formano una gran piazza. Fra le distanze delle colonne de' portici scuopresi da un lato il bosco sacro alla deità, dall'altro la marina di Sciro. La piazza è ripiena di baccanti, che, celebrando le feste del loro nume, al suono di vari stromenti cantano il seguente Coro

Preceduti e seguìti da numeroso corteggio di nobili donzelle, scender si vedono dal tempio ed avanzarsi a poco a poco Deidamia, ed Achille in abito femminile.

Coro - Ah! di tue lodi al suono,
Padre Lieo, discendi
Ah! le nostr'alme accendi
Del sacro tuo furor.

Parte del Coro - O fonte de' diletti,
O dolce oblio de' mali,
Per te d'esser mortali
Noi ci scordiam talor.

Tutto il Coro - Ah! le nostr'alme accendi
Del sacro tuo furor.

Parte del Coro - Per te, se in fredde vene
Pigro ristagna e langue,
Bolle di nuovo il sangue
D'insolito calor.

Tutto il Coro - Ah! le nostr'alme accendi
Del sacro tuo furor.

Parte del Coro - Chi te raccoglie in seno,
Esser non può fallace:
Fai diventar verace
Un labbro mentitor.

Tutto il Coro - Ah! le nostr'alme accendi
Del sacro tuo furor.

Parte del Coro - Tu dài coraggio al vile,
Rasciughi al mesto i pianti,
Discacci dagli amanti
L'incomodo rossor.

Tutto il Coro - O fonte de' diletti,
O dolce oblio de' mali,
Accendi i nostri petti
Del sacro tuo furor.

(Ad un improvviso suon di trombe, che odesi in lontano verso la marina, tace il Coro, s'interrompe il ballo e s'arrestan tutti in attitudine di timore, riguardando verso il mare)

Deidamia - Udisti? (ad Achille)

Achille - Udii.

Deidamia - Chi temerario ardisce
Turbar col suon profano
Dell'orgie venerate il rito arcano?

Achille - Non m'ingannai: lo strepito sonoro
Parte dal mar. Ma non saprei... Non veggo
Che vuol dir, chi lo move... Ah! principessa,
Eccone la cagion. Due navi, osserva
Vengono a questo lido.

Deidamia - Aimè!

Achille - Che temi?
Son lungi ancor.

(Compariscono in lontananza due navi. Sentesi di nuovo il suono delle trombe suddette. Tutti partono fuggendo, toltone Achille e Deidamia)

Deidamia - Fuggiam!

Achille - Perché?

Deidamia - Non sai
Che d'infami pirati
Tutto è infestato il mar? Così rapite
Fur le figlie infelici
Al re d'Argo e di Tiro. Ignori forse
La recente di Sparta
Perdita ingiuriosa? e che ne freme
In van la Grecia, e che domanda in vano
L'infida sposa al predator troiano?
Chi sa che ancora in quelle
Insidiose navi... Oh dèi! vien meco.

Achille - Di che temi, mia vita? Achille è teco.

Deidamia - Taci.

Achille - E se teco è Achille...

Deidamia - (guardandosi intorno) Ah! taci: alcuno
Potrebbe udirti: e, se scoperto sei,
Son perduta, ti perdo. E che direbbe
Il genitor deluso? Una donzella
Sai che ti crede, e si compiace e ride
Del nostro amor; ma che sarà se mai
(Solo in pensarlo io moro),
Se mai scopre che in Pirra Achille adoro?

Achille - Perdona, è vero.



SCENA II

Nearco e detti.

Nearco - (Ecco gli amanti). E deggio
Sempre così tremar per voi? Vel dissi
Pur mille volte: è troppo chiara ormai
Questa vostra imprudente
Cura di separarvi
Sempre dalle compagne: ognun la vede,
Ne parla ognuno. Andate al re. Son tutte
L'altre già nella reggia.

Achille - (intento ad altro, non l'ascolta) Il suon guerriero
Che da que' legni uscì, d'armati e d'armi
Mostra che vengan gravi.

Deidamia - (piano a Nearco) (Oh, come in volto
Già tutto avvampa! Usar conviene ogni arte
Per trarlo altrove).

Nearco - E non partite?

Achille - Or ora,
Principessa, verrò. Que'legni in porto
Bramo veder.

Deidamia - (turbata) Come! ch'io parta e lasci
Te in periglio sì grande? Ah! tu, lo vedo,
Ne saresti capace, e dal tuo core
Misuri il mio. So già, crudele...

Achille - Andiamo!
Non ti sdegnar. Con un tuo sguardo irato
Mi fai morir.

Deidamia - No, non è vero, ingrato!
No, ingrato! amor non senti;
O, se pur senti amor,
Perder non vuoi del cor
Per me la pace.
Ami, se tel rammenti;
E puoi senza penar
Amare e disamar,
Quando ti piace.

(Deidamia parte. Achille s'incammina appresso a Deidamia; ma, giunto alla scena,
si volge e s'arresta di nuovo a mirar le navi, già avvicinate a tal segno,
che su la sponda di una d'esse possa distinguersi un guerriero
)


SCENA III

Nearco e di nuovo Achille.

Nearco - Di pacifiche ulive (guardando il porto)
Han le prore adornate! Amiche navi
Queste dunque saran.

Achille - (tornando indietro) Nearco, osserva
Come splende fra l'armi
Quel guerrier maestoso.

Nearco - Ah! va: non lice
A te, che una donzella
Comparisci alle spoglie, in questo loco
Scompagnata restar.

Achille - (con sdegno) Ma non ti crede
Ognuno il padre mio? Qual meraviglia
Che appresso al genitor resti una figlia?

Nearco - Si sdegnerà Deidamia.

Achille - È ver. (rimesso, parte, e poi si ferma)

Nearco - (Che pena
È il nascondere Achille!)

Achille - (considerando il guerriero che è sulla nave)
Oh! se ancor io
Quell'elmo luminoso
In fronte avessi e quella spada al fianco... (torna risoluto)
Nearco, io son già stanco
Di più vedermi in questa gonna imbelle;
E ormai...

Nearco - Che dici? Oh stelle! E non rammenti
Quanto giova al tuo amor?

Achille - Sì... Ma...

Nearco - Deh! parti.

Achille - Lasciami un sol momento
A vagheggiar quell'armi.

Nearco - (Aimè!) Sì, resta
Pur quanto vuoi; ma Deidamia intanto
Sarà col tuo rival.

Achille - (in atto feroce)Che?

Nearco - Giunto or ora
È di Calcide il prence; e Licomede
Vuol che la man di sposo
Oggi porga alla figlia.

Achille - Oh numi!

Nearco - È vero
Che è tuo quel cor; ma, se il rivale accorto
Può lusingarla inosservata e sola,
Chi sa, pensaci, Achille, ei te l'invola.

Achille - Involarmi il mio tesoro!
Ah! dov'è quest'alma ardita?
Ha da togliermi la vita
Chi vuol togliermi il mio ben.
M'avvilisce in queste spoglie
Il poter di due pupille;
Ma lo so ch'io sono Achille,
E mi sento Achille in sen. (parte)



SCENA IV

Nearco e poi Ulisse ed Arcade delle navi.

Nearco - Che difficile impresa,
Tetide, m'imponesti! Ogni momento
Temo scoperto Achille. È ver che amore
Lo tiene a fren: ma, se una tromba ascolta,
Se rimira un guerrier, s'agita, avvampa,
Sdegna l'abito imbelle. Or che farebbe,
Se sapesse che Troia
Senza lui non cadrà? che lui domanda
Tutta la Grecia armata? Ah! tolga il Cielo
Che alcuno in questo lido
Non venga a ricercarlo... Oh dèi! m'inganno?
Ulisse! E qual cagione
Qui lo conduce? Ah! non a caso ei viene.
Che farò? Mi conosce,
E nella reggia appunto
Del genitor d'Achille. È ver che ormai
Lungo tempo è trascorso. In ogni caso
Negherò d'esser quello. Olà! straniero,
Non osar d'inoltrarti
Senza dirmi chi sei. Questa è la legge:
Il mio re la prescrisse.

Ulisse - Si ubbidisca alla legge: io sono Ulisse.

Nearco - Ulisse! I detti audaci
Scusa, eroe generoso. Al re men volo
Con sì lieta novella. (vuol partire)

Ulisse - (considerandolo attentamente) Odi. E tu sei
Servo di Licomede?

Nearco - Appunto.

Ulisse - Il nome.

Nearco - Nearco.

Ulisse - Ove nascesti?

Nearco - Nacqui in Corinto.

Ulisse - E da' paterni lidi
Perché mai qui venisti?

Nearco - Io venni... Oh Dio.
Signor, troppo m'arresti; e il re frattanto
Non sa chi giunse in porto.

Ulisse - Va dunque.

Nearco - (Ah! ch'io fingea s'è quasi accorto). (parte)



SCENA V

Ulisse ed Arcade.

Ulisse - Arcade, il Ciel seconda
La nostra impresa.

ARC. - Onde la speme?

Ulisse - Udisti?
Rimirasti colui? Sappi che il vidi
Di Peleo in corte, ha già molt'anni. Ei finse
Patria e nome con noi; ma già confuso
Era alle mie richieste. Ah! menzognera
Forse non è la fama: in gonna avvolto
Qui si nasconde Achille. Arcade, vola
Su l'orme di colui. Cerca, dimanda
Chi sia, come qui venne, ove dimora,
Se alcuno è seco. Ogni leggiero indizio
Può servirne di scorta.

Arcade - Io vado.

Ulisse - Ascolta.
Che d'Achille si cerchi,
Pensa a non dar sospetto ancor lontano.

Arcade - A un tuo seguace un tal ricordo è vano. (parte)



SCENA VI

Ulisse solo.

Ulisse - Già con prospero vento
Comincio a navigar. Per altri forse
Quest'incontro felice,
Quel confuso parlar, quel dubbio volto
Poco saria; ma per Ulisse è molto.

Fra l'ombre un lampo solo
Basta al nocchier sagace,
Che già ritrova il polo
Già riconosce il mar.
Al pellegrin ben spesso
Basta un vestigio impresso,
Perché la via fallace
Non l'abbia ad ingannar. (parte)



SCENA VII

Appartamenti di Deidamia.

Licomede e Deidamia.

Licomede - Ma, se ancor nol vedesti, onde lo sai
Che piacerti non può?

Deidamia - Già molto intesi
Parlar di Teagene.

Licomede - E vuoi di lui
Su la fé giudicar degli occhi altrui?
Semplice! Va; m'attendi
Nel giardino real; colà fra poco
Col tuo sposo verrò.

Deidamia - Già sposo!

Licomede - Ei venne
Su la mia fé: tutto è disposto. (partendo)

Deidamia - Almeno...
Padre... Ah! senti.

Licomede - M'attende
Il greco ambasciador. Più non opporti:
Siegui il consiglio mio.

Deidamia - Dunque un comando
Non è questo, o signor.

Licomede - Sempre a una figlia
Comanda il genitor, quando consiglia.

Alme incaute, che torbide ancora
Non provaste l'umane vicende,
Ben lo veggo, vi spiace, v'offende
Il consiglio d'un labbro fedel.
Confondete con l'utile il danno;
Chi vi regge credete tiranno;
Chi vi giova chiamate crudel. (parte)



SCENA VIII

Deidamia, indi Achille.

Deidamia - All'idol mio mancar di fede! Ah! prima
Ch'altro sposo...

Achille - (con ironia sdegnosa) È permesso

A Deidamia l'ingresso? Io non vorrei
Importuno arrivar. Come! tu sola?
Dov'è lo sposo? A tributarti affetti
Qui sperai ritrovarlo.

Deidamia - E già sapesti...

Achille - Tutto, ma non da te: prova sublime
Della bella tua fede. A me, crudele!
Celar sì nero arcano? a me, che t'amo
Più di me stesso? a me, che, in queste spoglie
Avvilito per te... Barbara!...

Deidamia - Oh Dio!
Non m'affligger, ben mio: di queste nozze
Nulla seppi fin or. Poc'anzi il padre
Venne a proporle. Istupidii, m'intesi
Tutto il sangue gelar.

Achille - Pur, che farai?

Deidamia - Tutto, fuor che lasciarti. E prieghi e pianti
A svolger Licomede
Pongansi in uso. Ei cederà, se vuole
Salvar la figlia; e, quando ancor non ceda,
Nulla speri ottener. Fu Achille il primo
Che amai fin ora, e voglio
Che sia l'ultimo Achille. Ah! mi vedrai
Morir, cor mio, pria che tradirti mai.

Achille - Oh dolcissimi accenti! e qual mercede
Posso renderti, o cara?

Deidamia - Eccola: io chiedo,
Se possibile è pur, che abbi più cura
Di non scoprirti.

Achille - E questa gonna è poco?

Deidamia - Che val, se la smentisce
Ogni tuo sguardo, ogni tuo moto? I passi
Troppo liberi son, troppo è sicuro
Quel tuo girar di ciglio. Ogni cagione
Basta a farti sdegnar; né femminili
Son poi gli sdegni tuoi. Che più? Se vedi
Un elmo, un'asta, o se parlar ne senti,
Già feroce diventi;
Escon dagli occhi tuoi lampi e faville:
Pirra si perde e comparisce Achille.

Achille - Ma il cambiar di natura
È impresa troppo dura.

Deidamia - È dura impresa
Anche l'opporsi a un genitor. Poss'io
Dunque con questa scusa
Accettar Teagene.

Achille - Ah! no, mia vita:
Farò quanto m'imponi.

Deidamia - Or lo prometti;
Ma poi...

Achille - No: questa volta
T'ubbidirò. Terrò gli sdegni a freno,
Non parlerò più d'armi; e de'tuoi cenni
Se più fedele esecutor non sono.
Corri in braccio al rival, ch'io ti perdono.

Sì, ben mio: sarò qual vuoi;
Lo prometto a que'bei rai
Che m'accendono d'amor.



SCENA IX

Ulisse e detti.

Deidamia - Taci: v'è chi ascolta.

Achille - (ad Ulisse, pieno di sdegno) E tu chi sei,
Che temerario ardisci
Di penetrar queste segrete soglie?
Che vuoi? Parla! rispondi!
O pentir ti farò...

Deidamia - Pirra!

Ulisse - (Che fiero
Sembiante è quello!)

Deidamia - (piano ad Achille) (E la promessa?)

Achille - (ravvedendosi) (È vero).

Ulisse - Non son di Licomede
Queste le stanze?

Deidamia - No.

Ulisse - Straniero errai:
Perdona. (vuol partire)

Deidamia - Odi. E che brami
Dal re?

Ulisse - La Grecia chiede
Da lui navi e guerrieri, or che s'affretta
D'unirsi armata alla comun vendetta.

Achille - (Felice chi v'andrà!)

Deidamia - (Tutto nel volto
Già si cambiò).

Ulisse - S'apre al valore altrui
Oggi una illustre via. Corrono a questa
Impresa anche i più vili.

Achille - (E Achille resta!)

Deidamia - (Periglioso discorso!) A Licomede, (ad Ulisse)
Stranier, quella è la via. (ad Achille) Sieguimi.

Achille - (tornando indietro) Amico,
Dimmi: le greche navi
Dove ad unirsi andranno?

Deidamia - Pirra... ma...

Achille - Già ti sieguo. (Oh amor tiranno!) (partono)



SCENA X

Ulisse e poi Arcade.

Ulisse - O il desio di trovarlo
Per tutto mel dipinge, o Pirra è Achille.
Peleo ne'suoi verdi anni
Quel volto avea: me ne rammento. E poi
Quel parlar... quegli sguardi... È ver; ma Ulisse
Fidarsi ancor non dee. Posso ingannarmi:
E, quando ei sia, pria di parlar, bisogna
Più cauto il tempo, il loco,
Le circostanze esaminar. Felice
È in suo cammin di rado
Chi varca i fiumi e non ne tenta il guado.
Tardi, fin che è maturo,
Il gran colpo a scoppiar, ma sia sicuro.

Arcade - Ulisse!

Ulisse - Arcade! e in queste
Stanze t'inoltri?

Arcade - Entrar ti vidi, e venni
Su l'orme tue.

Ulisse - Che raccogliesti intanto?

Arcade - Poco, o signor. Sol che Nearco è giunto
In questa terra, or compie l'anno; ha seco
Una figlia gentil; mostra per essa
La real principessa
Straordinario amor.

Ulisse - Come si appella?

Arcade - Pirra.

Ulisse - Pirra!

Arcade - E per lei Nearco ha loco
Fra' reali ministri.

Ulisse - E questo è poco?

Arcade - Ma ciò che giova?

Ulisse - Ah! mio fedel, facciamo
Gran viaggio a momenti. Odi, e dirai...



SCENA XI

Nearco e detti.

Nearco - Signor, vieni: che fai?
T'attende il re.

Ulisse - Qual è il cammino?

Nearco - È questo.

Ulisse - Ti sieguo: andiam. Non posso dirti il resto. (ad Arcade; indi parte con Nearco)



SCENA XII

Arcade solo.

Arcade - Chi può d'Ulisse al pari
Tutto veder? Ciò che per gli altri è oscuro
Chiaro è per lui. No, la natura o l'arte
L'egual mai non formò. Dov'è chi sappia,
Com'ei, mostrar tutti gli affetti in volto
Senz'averli nel cor? chi, fra gli accenti
Facili, ubbidienti
L'anime incatenar? chi ad ogni istante
Cambiar genio, tenor, lingua e sembiante?
Io nol conosco ancor. D'Ulisse al fianco
Ogni giorno mi trovo,
E ogni giorno al mio sguardo Ulisse è nuovo.

Sì varia in ciel talora,
Dopo l'estiva pioggia,
L'iride si colora,
Quando ritorna il sol.
Non cambia in altra foggia
Colomba al sol le piume,
Se va cambiando lume
Mentre rivolge il vol. (parte)



SCENA XIII

Deliziosa nella regia di Licomede.

Achille e Deidamia, poi Licomede e Teagene.

Deidamia - No, Achille, io non mi fido
Di tue promesse. A Teagene in faccia
Non saprai contenerti: il tuo calore
Ti scoprirà. Parti, se m'ami.

Achille - Almeno
Qui tacito in disparte
Lascia ch'io vegga il mio rivale.

Deidamia - Oh Dio!
T'esponi a gran periglio. Eccolo.

Achille - (turbandosi) Ah! questo
Dunque è l'audace? E ho da soffrir?...

Deidamia - Nol dissi?
Già ti trasporti.

Achille - Un impeto primiero
Fu questo: è già sedato. Or son sicuro.

Deidamia - Tu parlerai.

Achille - Non parlerò, tel giuro. (si ritira in disparte)

Licomede - Amata figlia, ecco il tuo sposo; ed ecco,
Illustre Teagene,
La sposa tua.

Achille - (Qui tollerar conviene).

Teagene - Chi ascolta, o principessa,
Ciò che de'pregi tuoi la fama dice,
La crede adulatrice; e chi ti mira,
La ritrova maligna. Io, che già sono
Tuo prigionier, t'offro quest'alma in dono.

Achille - (Che temerario!) (considerando sdegnosamente Teagene s'avanza senza avvedersene)

Deidamia - A così alto segno
Non giunge il merto mio: tanto esaltarlo
Non déi... Pirra! che vuoi? Parti. (avvedendosi che Achille è già vicino a Teagene)

Achille - Non parlo. (si ritra in disparte, come sopra)

Deidamia - (Dèi! qual timor m'assale?)

Teagene - Chi è mai questa donzella?

Licomede - È il tuo rivale.

Deidamia - (Son morta!)

Achille - (Ah, mi conosce!)

Licomede - È Pirra il solo
Amor di Deidamia. Altre non vide
Più tenere compagne il mondo intero.

Deidamia - (Ei parlava da scherzo, e disse il vero).

Licomede - Deidamia, or che ti sembra
Di sì degno consorte?

Deidamia - I pregi, o padre,
Ne ammiro, ne comprendo;
Ma...

Licomede - Tu arrossisci! il tuo rossore intendo.

Intendo il tuo rossor;
'Amo'vorresti dir:
Ma in faccia al genitor
Parlar non vuoi.
Il farti più soffrir
Sarebbe crudeltà:
Restino in libertà
Gli affetti tuoi. (parte)



SCENA XIV

Achille, Deidamia e Teagene.

Achille - (Ah, se altre spoglie avessi!)

Teagene - Or che siam soli,
Principessa gentil, soffri ch'io spieghi
L'ardor di questo sen; soffri ch'io dica...

Deidamia - Non parlarmi d'amor: ne son nemica.

Del sen gli ardori
Nessun mi vanti;
Non soffro amori,
Non voglio amanti:
Troppo mi è cara
La libertà.
Se fosse ognuno
Così sincero,
Meno importuno
Parrebbe il vero;
Saria più rara
L'infedeltà.
(parte con Achille, il quale si ferma nell'entrare)

Teagene - Giusti numi, e in tal guisa
Deidamia m'accoglie! In che son reo?
Che fu? Seguasi. (vuol seguire Deidamia)

Achille - (arrestandolo) Ferma! ove t'affretti?

Teagene - A Deidamia appresso:
Raggiungerla desio.

Achille - (risoluto) Non è permesso!

Teagene - Chi può vietarlo?

Achille - Io!

Teagene - Tu?

Achille - Sì: né giammai
Sappilo, io parlo in vano. (parte lentamente)

Teagene - (Delle ninfe di Sciro il genio è strano.
E pur quella fierezza
Ha un non so che, che piace). Odi. Ma dimmi
Almen perché.

Achille - (partendo lentamente) Dissi abbastanza.

Teagene - E credi
Che di te sola io tema?
Credi bastar tu sola?

Achille - (con aria feroce) Io basto, e trema!

Teagene - (Quell'ardir m'innamora).

Deidamia - (Ah! mancator, non sei contento ancora?)
(Nell'atto che Achille si rivolge per partire, incontra su la scena Deidamia, che gli dice sdegnata il verso suddetto e lo lascia confuso)

Achille - (Misero! è ver, trascorsi).

Teagene - Ascolta: io voglio,
Bella ninfa, ubbidirti; e per mercede
Bramo sol de'tuoi sdegni
L'origine saper... Di'... Ma... Sospiri!
Mi guardi! ti confondi!
Qual cambiamento è il tuo? Parla! rispondi

Achille - Risponderti vorrei
Ma gela il labbro e tace:
Lo rese amor loquace,
Muto lo rende amor:
Amor, che a suo talento
Rende un imbelle audace,
E abbatte in un momento,
Quando gli piace, un cor. (parte)



SCENA XV

Teagene solo.

Teagene - Son fuor di me. Quanto son mai vezzose
L'ire in quel volto! Ah! forse m'ama, e ch'io
Siegua un'altra non soffre. E così presto
È amante ed è gelosa? Una donzella
Parlar così! così mostrarsi audace!
Intenderla non so: so che mi piace.

Chi mai vide altrove ancora
Così amabile fierezza,
Che minaccia ed innamora,
Che diletta e fa tremar?
Cinga il brando, ed abbia questa
L'asta in pugno e l'elmo in testa,
E con Pallade in bellezza
Già potrebbe contrastar. (parte)



ATTO SECONDO

SCENA I

Logge terrene adornate di statue rappresentanti varie imprese d'Ercole.

Ulisse ed Arcade.

Arcade - Tutto, come imponesti,
Signor, già preparai. Son pronti i doni
Da presentarsi al re. Mischiai fra quelli
Il militare arnese
Lucido e terso. I tuoi seguaci istrussi,
Che simular dovranno
Il tumulto guerrier. Spiegami al fine
Sì confuso comando:
Tutto ciò che ti giova? e dove? e quando?

Ulisse - Fra mille ninfe e mille
Per distinguere Achille.

Arcade - E come?

Ulisse - Intorno
A quell'elmo lucente, a quell'usbergo
Lo vedrai vaneggiar. Ma, quando ascolti
Il suon dell'armi, il generoso invito
Delle trombe sonore, allor vedrai
Quel fuoco, a forza oppresso,
Scoppiar feroce e palesar se stesso.

Arcade - Di troppo ti lusinghi.

Ulisse - Io so d'Achille
L'indole bellicosa; io so che all'armi
Si avvezzò dalle fasce, e so che in vano
Si preme un violento
Genio natio, che diventò costume.
Fra le sicure piume,
Salvo appena dal mar, giura il nocchiero
Di mai più non partir: sente che l'onde
Già di nuovo son chiare:
Abbandona le piume e corre al mare.

Arcade - Hai pur tant'altri indizi.

Ulisse - Ogni altro indizio,
Solo, è dubbioso: a questa prova unito,
Certezza diverrà. Quella è la prova,
Arcade, più sicura,
Dove co'moti suoi parla natura.

Arcade - Ma se, come supponi,
Ama Deidamia, anche palese, a lei
Toglierlo non potrem.

Ulisse - Con l'arti occulte
Pria s'astringa a scoprirsi; indi, scoperta,
Assalirò quell'alma a forza aperta.
Le addormentate allora
Fiamme d'onor gli desterò nel seno:
Arrossir lo farò.

Arcade - Sì, ma non veggo
Agio a parlargli. È custodito in guisa...

Ulisse - L'occasion si attenda; e, se non giunge,
Nascer si faccia. Io tenterò...

Arcade - T'accheta:
Vien Pirra a noi. Parlale adesso.

Ulisse - Eh! lascia
Che venga per se stessa. Ad altro inteso
Mi fingerò. Tu destramente intanto
Osservane ogni moto.



SCENA II

Achille in disparte e detti.

Achille - (Ecco il guerriero
Che la Grecia inviò. Se la mia bella
Non lo vietasse, oh qual diletto avrei
Di ragionar con lui! Muoverla ad ira,
Ch'io l'osservi, non dee).

Ulisse - (piano ad Arcade) (Che fa?)

Arcade - (piano ad Ulisse) (Ti mira).

Ulisse - Di questo albergo in vero
Ogni arredo è real. Gli sculti marmi (guardando le statue)
Sembran pieni di vita. Eccoti Alcide
Che l'idra abbatte. Ah! gli si vede in volto
Lo spirito guerrier. L'anima eccelsa
Gli ha l'industre maestro in fronte accolta.
(Guarda se m'ode). (piano ad Arcade)

Arcade - (piano ad Ulisse) (Attentamente ascolta).

Ulisse - Ecco quando dal suolo
Solleva Anteo per atterrarlo; e l'arte
Qui superò se stessa. Oh, come accende,
Quando è sì al vivo espresso,
Di virtude un esempio! Io già vorrei
Essere Alcide. Oh generoso, oh grande,
Oh magnanimo eroe! Vivrà il tuo nome
Mille secoli e mille.

Achille - (Oh dèi, così non si dirà d'Achille!)

Ulisse - (Ed or?) (piano ad Arcade)

Arcade - (S'agita e parla). (piano ad Ulisse)

Ulisse - (Osserva adesso).
Che miro! Ecco l'istesso (volgendosi ad altra parte)
Terror dell'Erimanto
In gonna avvolto alla sua Iole accanto.
Ah! l'artefice errò. Mai non dovea
A questa di viltà memoria indegna
Avvilir lo scarpello:
Qui Alcide fa pietà; non è più quello.

Achille - (È vero, è vero. Oh mia vergogna estrema!)

Ulisse - (Arcade, che ti par?)

Arcade - (Parmi che frema).

Ulisse - (Dunque si assalga). (s'incammina verso Achille)

Arcade - (trattenendo Ulisse) (Il re. Guarda che tutto
Il disegno non scopra).

Ulisse - (Ah! m'interrompe in sul finir dell'opra).



SCENA III

Licomede e detti.

Licomede - Pirra, appunto ti brAmore Attendi, Ulisse.
Vedi che il sol di già tramonta: onori
Un ospite sì grande
Le mense mie.

Ulisse - Mi sarà legge il cenno,
Invittissimo re. (in atto di ritirarsi, si ferma per ascoltar quanto gli dice Licomede)

Licomede - Le navi e l'armi,
Che a chieder mi venisti, al nuovo giorno
Radunate vedrai; vedrai di quanto
Superai la richiesta, ed a qual segno
Gli amici onoro e un messaggier sì degno.

Ulisse - Sempre eguale a se stesso
È del gran Licomede
Il magnanimo cor. Da me sapranno
I congiurati a danno
Della Frigia infedel principi achei
Quanto amico tu sei. Né lieve prova
Ne fian l'armi e le navi,
Che ti piacque apprestarmi.
(Altro quindi io trarrò che navi ed armi).

Quando il soccorso apprenda
Che dal tuo regno io guido,
Dovrà sul frigio lido
Ettore impallidir.
Più gli farà spavento
Questo soccorso solo,
Che cento insegne e cento,
Che ogni guerriero stuolo,
Che quante vele al vento
Seppe la Grecia aprir. (parte con Arcade)



SCENA IV

Licomede, Achille e poi Nearco.

Licomede - Vezzosa Pirra, il crederai? dipende
Da te la pace mia.

Achille - Perché?

Licomede - Se vuoi
Impiegarti a mio pro, rendi felice
Un grato re.

Achille - Che far poss'io?

Licomede - M'avveggo
Che a Deidamia spiace
Unirsi a Teagene.

Achille - (comincia a turbarsi) E ben?

Licomede - Tu puoi
Tutto sul cor di lei.

Achille - Come! e vorresti
Da me…

Licomede - Sì, che la scelta
Tu le insegnassi a rispettar d'un padre;
Che i merti del suo sposo
Le facessi osservar; che amor per lui
Le inspirassi nel seno, onde l'accolga
Com'è il dover d'un'amorosa moglie.

Achille - (Questo pur deggio a voi, misere spoglie!) (con ira)

Licomede - Che dici?

Achille - E tu mi credi (reprimendosi a forza)
Opportuno istromento... Ah! Licomede,
Mal mi conosci. Io!... Numi eterni, io!... Cerca
Mezzo miglior.

Licomede - Che ti sgomenta? È forse
Teagene uno sposo
Che non meriti amor?

Achille - (Mi perdo. Io sento.
Che soffrir più non posso).

Licomede - Al fin la figlia,
Dimmi, a qual altro mai
Meglio unir si potea?

Achille - (Soffersi assai).
Signor... (risoluto)

Nearco - Le regie mense,
Licomede, son pronte.

Licomede - AndiAmore Udisti,
Pirra, i miei sensi: a te mi fido. Ah! sia
Frutto del tuo sudor la pace mia.

Fa che si spieghi almeno
Quell'alma contumace;
Se l'amor mio le piace,
Se vuol rigor da me.
Di' che ho per lei nel seno
Di re, di padre il core:
Che appaghi il genitore,
O che ubbidisca il re. (parte)



SCENA V

Achille e Nearco.

Achille - Non parlarmi, Nearco,
Più di riguardi: ho stabilito. Adesso
Non sperar di sedurmi. AndiAmore

Nearco - E dove?

Achille - A depor queste vesti. E che! degg'io
Passar così vilmente
Tutti gli anni migliori? E quanti oltraggi
Ho da soffrir? Le mie minacce or veggo
Ch'altri deride; ingiurioso impiego
Or m'odo imporre; or negli esempi altrui
I falli miei rimproverar mi sento.
Son stanco d'arrossirmi ogni momento.

Nearco - Un rossor ti figuri...

Achille - Ah! taci: assai
Ho tollerato i tuoi
Vilissimi consigli. Altri ne intesi
Dal tessalo maestro; e allor sapea
Vincer nel corso i venti,
Abbatter fiere e valicar torrenti.
Ed ora... Ah! che direbbe,
Se in questa gonna effeminato e molle
Mi vedesse Chirone? Ove da lui
M'asconderei? Che replicar, se in volto
Rigido mi chiedesse: 'Ov'è la spada,
Ove l'altr'armi, Achille? Ah! di mie scuole
Tu non serbi altro segno
Che la cetra avvilita ad uso indegno.'

Nearco - Basta, signor: più non m'oppongo. Al fine
Son persuaso anch'io.

Achille - Ti par, Nearco,
Quest'ozio vergognoso
Degno di me?

Nearco - No: lo conosco; è tempo
Che dal sonno ti desti,
Che ti svolga da questi
Impacci femminili, e corra altrove
A dar del tuo gran cor nobili prove.
È ver che Deidamia,
Priva di te, non avrà pace, e forse
Ne morrà di dolor, ma, quando ancora
N'abbia a morir, non t'arrestar per lei:
Vagliono la sua vita i tuoi trofei.

Achille - Morir! Dunque tu credi
Che non abbia costanza
Di vedersi lasciar?

Nearco - Costanza! E come
Potrebbe averne una donzella amante,
Che perda il solo oggetto
Della sua tenerezza, il sol conforto,
L'unica sua speranza?

Achille - Oh dèi!

Nearco - Non sai
Che, se ti scosti mai
Da'suoi sguardi un momento, è già smarrita,
Non ha riposo, a ciaschedun ti chiede,
Ti vuol da tutti? E in questo punto istesso
Come credi che stia? Già non ha pace,
Già dubbiosa e tremante...

Achille - Andiamo!

Nearco - E sei
Pronto a partir?

Achille - No: ritorniamo a lei.

Potria fra tante pene
Lasciar l'amato bene
Chi un cor di tigre avesse.
Né basterebbe ancor;
Ché quel pietoso affetto,
Che a me si desta in petto,
Senton le tigri istesse,
Quando le accende amor. (parte)



SCENA VI

Nearco solo.

Nearco - Oh incredibile, oh strano
Miracolo d'amor! Si muova all'ira,
È terribile Achille: arte non giova,
Forza non basta a raffrenarlo: andrebbe
Nudo in mezzo agl'incendi, andrebbe solo
Ad affrontar mille nemici e mille.
Pensi a Deidamia, è mansueto Achille.

Così leon feroce
Che sdegna i lacci e freme,
Al cenno d'una voce
Perde l'usato ardir,
Ed a tal segno oblia
La ferità natia,
Che quella man che teme
Va placido a lambir. (parte)



SCENA VII

Gran sala illuminata in tempo di notte, corrispondente a diversi appartamenti, parimente illuminati. Tavola nel mezzo, credenze all'intorno; logge nell'alto, ripiene di musici e spettatori.

Licomede, Teagene, Ulisse e Deidamia, seduti a mensa; Arcade in piedi accanto ad Ulisse; Achille in piedi accanto a Deidamia; e per tutto cavalieri, damigelle e paggi.

Coro - Lungi lungi fuggite fuggite,
Cure ingrate, molesti pensieri;
No, non lice del giorno felice
Che un istante si venga a turbar.
Dolci affetti, diletti sinceri
Porga Amore, ministri la Pace,
E da'moti di gioia verace
Lieta ogni alma si senta agitar.
Lungi lungi fuggite fuggite,
Cure ingrate, molesti pensieri;
No, non lice del giorno felice
Che un istante si venga a turbar.

Licomede - Fumin le tazze intorno
Di cretense liquor.

Deidamia - Pirra, lo sai:
Se di tua man non viene,
L'ambrosia degli dèi
Vil bevanda parrebbe a'labbri miei.

Achille - Ubbidisco. Ah! da questa
Ubbidienza mia
Vedi se fido sia di Pirra il core.

Teagene - (Che strano affetto!) (guardando Deidamia ed Achille)

Achille - (Oh tirannia d'amore!) (nell'andar a prender la tazza)

Licomede - Quando da'greci lidi i vostri legni
L'àncora scioglieranno? (ad Ulisse)

Ulisse - Al mio ritorno.

Teagene - Son già tutti raccolti?

Ulisse - Altro non manca
Che il soccorso di Sciro.

Licomede - Oh, qual mi toglie
Spettacolo sublime
La mia canuta età!

(Un paggio porge la tazza ad Achille: egli, nel prenderla, resta attonito ad ascoltare il discorso artifizioso di Ulisse)

Ulisse - (Non si trascuri
L'opportuno momento). È di te degna,
Gran re, la brama. Ove mirar più mai
Tant'armi, tanti duci,
Tante squadre guerriere,
Tende, navi, cavalli, aste e bandiere?
Tutta Europa v'accorre. Omai son vuote
Le selve e le città. Da'padri istessi,
Da' vecchi padri invidiata e spinta,
La gioventù proterva
Corre all'armi fremendo. (Arcade, osserva).

Deidamia - Pirra!

Achille - È ver. (si riscuote, prende la tazza, s'incammina, poi torna a fermarsi)

Ulisse - Chi d'onore
Sente stimoli in sen, chi sa che sia
Desio di gloria, or non rimane. Appena
Restano, e quasi a forza,
Le vergini, le spose; e alcun, che dura
Necessità trattien, col Ciel s'adira,
Come tutti gli dèi l'abbiano in ira.

Deidamia - Ma Pirra!

Achille - Eccomi. (va colla tazza a Deidamia)

Deidamia - (piano ad Achille, nel prendere la tazza)

(Ingrato!
Questi di poco amor segni non sono?)

Achille - (Non ti sdegnar, bell'idol mio: perdono!)

Licomede - Olà! rechisi a Pirra
L'usata cetra. A lei, Deidamia, imponi
Che alle corde sonore
La voce unisca e la maestra mano:
Tutto farà per te.

Deidamia - Pirra, se m'ami,
Seconda il genitore.

Achille - Tu il vuoi? Si faccia. (Oh tirannia d'amore!)

(Un paggio gli presenta la cetra: altri pongono un sedile da un de' lati a vista della mensa)

Teagene - (Tanto amor non comprendo).

Ulisse - (Arcade, adesso è tempo: intendi?) (piano ad Arcade)

Arcade - (piano ad Ulisse) (Intendo). (parte)

Achille - (canta accompagnandosi con la lira)

Se un core annodi,
Se un'alma accendi,
Che non pretendi,
Tiranno Amor?
Vuoi che al potere
Delle tue frodi
Ceda il sapere,
Ceda il valor.

Coro - Se un core annodi,
Se un'alma accendi,
Che non pretendi,
Tiranno Amor?

Achille - Se in bianche piume
De'numi il nume
Canori accenti
Spiegò talor;
Se fra gli armenti
Muggì negletto,
Fu solo effetto
Del tuo rigor.

Coro - Se un core annodi,
Se un'alma accendi,
Che non pretendi,
Tiranno Amor?

Achille - De' tuoi seguaci
Se a far si viene,
Sempre in tormento
Si trova un cor;
E vuoi che baci
Le sue catene,
Che sia contento
Del suo dolor.

Coro - Se un core annodi,
Se un'alma accendi,
Che non pretendi,
Tiranno Amor?

(Al comparir dei doni portati da' seguaci di Ulisse s'interrompe il canto d'Achille)

Licomede - Questi chi son?

Ulisse - Son miei seguaci; e al piede
Portan di Licomede
Questi, per cenno mio, piccioli doni,
Che d'Itaca recai. Lo stile usato
D'ospite non ingrato
Giusto è che siegua anch'io. Se troppo osai,
Il costume m'assolva.

Licomede - Eccede i segni
Sì generosa cura.

Achille - (Oh Ciel, che miro!) (avvedendosi d'un'armatura, che venne fra' doni)

Licomede - Mai non si tinse in Tiro
Porpora più vivace. (ammirando le vesti)

Teagene - (ammirando i vasi) Altri fin ora
Sculti vasi io non vidi
Di magistero egual.

Deidamia - (ammirando le gemme) L'eoa marina
Non ha lucide gemme al par di quelle.

Achille - Ah, chi vide fin ora armi più belle! (si leva, per andare a veder più da vicino le armi)

Deidamia - Pirra, che fai? Ritorna
Agl'interrotti carmi.

Achille - (Che tormento crudele!) (torna a sedere)

VOCI - (di dentro) All'armi! all'armi!

(S'ode strepito d'armi. e di stromenti militari. Tutti si levano spaventati: solo Achille resta, sedendo in atto feroce)

Licomede - Qual tumulto è mai questo?

Arcade - (esce simulando spavento) Ah! corri Ulisse,
Corri l'impeto insano
De'tuoi seguaci a raffrenar.

Ulisse - (fingendo esser sorpreso) Che avvenne?

Arcade - Non so per qual cagion fra lor s'accese
E i custodi reali
Feroce pugna. Ah! qui vedrai fra poco
Lampeggiar mille spade.

Deidamia - Aita, o numi!
Dove corro a celarmi? (parte intimorita)

Teagene - Fermati, principessa. (parte seguendola)

VOCI - (di dentro) All'armi! all'armi!

(S'ode strepito d'armi. Licomede, snudando la spada, corre al tumulto. Fugge ognuno. Ulisse si ritira in disparte con Arcade per osservare Achille, che si leva, già invaso d'estro guerriero)



SCENA VIII

Achille, ed Ulisse con Arcade in disparte.

Achille - Ove son? che ascoltai? Mi sento in fronte
Le chiome sollevar! Qual nebbia i lumi
Offuscando mi va? Che fiamma è questa,
Onde sento avvamparmi?
Ah! frenar non mi posso: all'armi! all'armi! (s'incammina furioso, e poi si ferma, avvedendosi d'avere in mano la cetra)

Ulisse - (Guardalo). (piano ad Arcade)

Achille - E questa cetra
Dunque è l'arme d'Achille? Ah! no; la sorte
Altre n'offre, e più degne. A terra, a terra,
Vile stromento! (getta la cetra e va all'armi, portate co' doni di Ulisse)
All'onorato incarco
Dello scudo pesante
Torni il braccio avvilito: (imbraccia lo scudo) in questa mano
Lampeggi il ferro. (impugna la spada) Ah! ricomincio adesso
A ravvisar me stesso. Ah, fossi a fronte
A mille squadre e mille!

Ulisse - E qual sarà, se non è questo, Achille? (palesandosi)

Achille - Numi! Ulisse, che dici?

Ulisse - Anima grande,
Prole de'numi, invitto Achille, al fine
Lascia che al sen ti stringa. Eh! non è tempo
Di finger più. Sì, tu la speme sei,
Tu l'onor della Grecia,
Tu dell'Asia il terror. Perché reprimi
Gl'impeti generosi
Del magnanimo cor? Son di te degni:
Secondali, signor. Lo so, lo veggo,
Raffrenar non ti puoi. Vieni: io ti guido
Alle palme, a'trofei. La Grecia armata
Non aspetta che te. L'Asia nemica
Non trema che al tuo nome. Andiam!

Achille - (risoluto) Sì, vengo.
Guidami dove vuoi... Ma... (si ferma)

Ulisse - Che t'arresta?

Achille - E Deidamia?

Ulisse - E Deidamia un giorno
Ritornar ti vedrà cinto d'allori
E più degno d'amore.

Achille - E intanto...

Ulisse - E intanto
Che d'incendio di guerra
Tutta avvampa la terra, a tutti ascoso,
Qui languir tu vorresti in vil riposo?
Diria l'età futura:
'Di Dardano le mura
Diomede espugnò; d'Ettore ottenne
Le spoglie Idomeneo; di Priamo il trono
Miser tutto in faville
Stenelo, Aiace... E che faceva Achille?
Achille, in gonna avvolto,
Traea, misto e sepolto
Fra le ancelle di Sciro, i giorni sui,
Dormendo al suon delle fatiche altrui.'
Ah! non sia ver. Destati al fine; emenda
Il grave error: più non soffrir che alcuno
Ti miri in queste spoglie. Ah, se vedessi
Quale oggetto di riso
Con que'fregi è un guerriero! In questo scudo
Lo puoi veder. Guardati, Achille. (gli leva lo scudo) Dimmi:
Ti riconosci? (presentandogli lo scudo)

Achille - (lacerando le vesti) Oh vergognosi, oh indegni
Impacci del valor, come fin ora
Tollerar vi potei? Guidami, Ulisse,
L'armi a vestir. Fra questi ceppi avvinto
Più non farmi penar.

Ulisse - Sieguimi. (Ho vinto). (s'incamminano)



SCENA IX

Nearco e detti.

Nearco - Pirra, Pirra, ove corri?

Achille - (rivolgendosi con isdegno) Anima vile!
Quel vergognoso nome
Più non t'esca da' labbri: i miei rossori
Non farmi rammentar. (partendo)

Nearco - Senti: tu parti?
E la tua principessa?

Achille - (rivolgendosi) A lei dirai...

Ulisse - Achille, andiam!

Nearco - Che posso dirle mai?

Achille - Dille che si consoli;
Dille che m'ami; e dille
Che partì fido Achille,
Che fido tornerà.
Che a' suoi begli occhi soli
Vuo' che il mio cor si stempre;
Che l'idol mio fu sempre,
Che l'idol mio sarà. (parte con Ulisse ed Arcade)



SCENA X

Nearco, poi Deidamia.

Nearco - Eterni dèi, qual fulmine improvviso
Strugge ogni mia speranza! Ove m'ascondo,
Se parte Achille? e chi di Teti all'ira
M'involerà? Tanti sudori, oh stelle!
Tant'arte, tanta cura...

Deidamia - Ov'è, Nearco,
Il mio tesoro?

Nearco - Ah! principessa, Achille
Non è più tuo.

Deidamia - Che!

Nearco - T'abbandona.

Deidamia - I tuoi
Vani sospetti io già conosco. Ognora
Così mi torni a dir.

Nearco - Volesse il Cielo
Ch'or m'ingannassi. Ah! l'ha scoperto Ulisse,
L'ha sedotto, il rapisce.

Deidamia - E tu, Nearco,
Così partir lo lasci? Ah, corri! ah, vola!...
Misera me! Senti. Son morta! Ah, troppo,
Troppo il colpo è inumano!
Che fai? non parti?

Nearco - Io partirò, ma in vano. (parte)



SCENA XI

Deidamia poi Teagene.

Deidamia - Achille m'abbandona!
Mi lascia Achille! E sarà vero? E come,
Come poté l'ingrato
Pensarlo solo e non morir! Son queste
Le promesse di fede?
Le proteste d'amor? Così... Ma, intanto
Ch'io mi struggo in querele,
L'empio scioglie le vele. Andiam: si tenti
Di trattenerlo. Il mio dolor capace
Di riguardi or non è. Vadasi; e, quando
Né pur questo mi giovi, almen sul lido
Spirar mi vegga, e parta poi l'infido.

Teagene - Amata principessa.

Deidamia - (con impazienza) (Oh me infelice!
Che inciampo è questo!)

Teagene - Io del tuo cor vorrei
Intender meglio...

Deidamia - Or non è tempo. (in atto di partire)

Teagene - (seguendola)Ascolta.

Deidamia - Non posso.

Teagene - Un solo istante.

Deidamia - (impaziente) Oh numi!

Teagene - Al fine
Mia sposa al nuovo giorno...

Deidamia - Ma, per pietà, non mi venir d'intorno!

Non vedi, tiranno,
Ch'io moro d'affanno;
Che bramo che in pace
Mi lasci morir?
Che ho l'alma sì oppressa,
Che tutto mi spiace,
Che quasi me stessa
Non posso soffrir? (parte)



SCENA XII

Teagene solo.

Teagene - Ma chi spiegar potrebbe
Stravaganze sì nuove? A che mi parla
Deidamia così? Delira o cerca
Di farmi delirar? Sogno? son desto?
Dove son mai? Che laberinto è questo!

Disse il ver? parlò per gioco?
Mi confondo a'detti sui
E comincio a poco a poco
Di me stesso a dubitar.
Pianger fanno i pianti altrui,
Sospirar gli altrui sospiri;
Ben potrian gli altrui deliri
Insegnarmi a delirar. (parte)



ATTO TERZO

SCENA I

Portici della reggia corrispondenti al mare. Navi poco lontane dalla riva.

Ulisse, ed Achille in abito militare.

Ulisse - Achille, or ti conosco. Oh, quanta parte
Del maestoso tuo real sembiante
Defraudavan le vesti! Ecco il guerriero,
Ecco l'eroe. Ringiovanita al sole
Esce così la nuova serpe; e sembra,
Mentre s'annoda e scioglie,
Che altera sia delle cambiate spoglie.

Achille - Sì, tua mercé, gran duce, io torno in vita,
Respiro al fin; ma, qual da' lacci appena
Disciolto prigionier, dubito ancora
Della mia libertà: l'ombre ho su gli occhi
Del racchiuso soggiorno;
Mi sento il suon delle catene intorno.

Ulisse - (Ed Arcade non vien!) (guardando intorno)

Achille - Son queste, Ulisse,
Le navi tue?

Ulisse - Sì; né superbe meno
Andran del peso lor, che quella d'Argo
Già del suo non andò. Compensa assai
Di tanti eroi lo stuolo
E i tesori di Frisso Achille solo.

Achille - Dunque, che più si tarda?

Ulisse - Olà! nocchieri,
Appressatevi a terra. (E pur non miro
Arcade ancora). (Guardando intorno)

Achille - Ah, perché mai le sponde
Del nemico Scamandro
Queste non son! Come s'emendi Achille,
Là si vedrà. Cancellerà le indegne
Macchie del nome mio di questa fronte
L'onorato sudor; gli ozi di Sciro
Scuserà questa spada; e forse tanto
Occuperò la fama
Co' novelli trofei,
Che parlar non potrà de' falli miei.

Ulisse - Oh sensi! oh voci! oh pentimento! oh ardori
Degni d'Achille! E si volea di tanto
Fraudar la terra? E si sperò di Sciro
Nell'angusto recinto
Celar furto sì grande? Oh troppo ingiusta,
Troppo timida madre! E non previde
Che a celar tanto fuoco
Ogni arte è vana, ogni ritegno è poco?

Del terreno nel concavo seno
Vasto incendio se bolle ristretto,
A dispetto del carcere indegno
Con più sdegno gran strada si fa.
Fugge allora; ma, intanto che fugge,
Crolla, abbatte, sovverte, distrugge
Piani, monti, foreste e città.

Achille - Ecco i legni alla sponda:
Ulisse, io ti precedo. (s'incammina al mare)



SCENA II

Arcade frettoloso e detti.

Ulisse - Arcade, oh quanto
Tardi a venir!

Arcade - Partiam, signor, t'affretta;
Non ci arrestiam.

Ulisse - Che mai t'avvenne?

Arcade - Andiamo:
Tutto saprai.

Ulisse - Ma con un cenno almeno...

Arcade - Oh numi! ebbra d'amor, cieca di sdegno,
Deidamia ci siegue. Io non potei
Più trattenerla, e la prevenni. (piano ad Ulisse)

Ulisse - Ah! questo
Fiero assalto s'evìti.

Achille - Or che si attende? (tornando impaziente dalla riva del mare)

Ulisse - Eccomi.

Achille - Sì turbato,
Arcade? Che recasti?

Arcade - Nulla.

Ulisse - Partiam.

Achille - (ad Arcade) Ma che vuol dir quel tanto
Volgerti indietro e rimirar? Che temi?
Parla.

Ulisse - (Oh stelle!)

Arcade - Signor... Temo... Potrebbe
Il re saper la nostra
Partenza inaspettata,
Ed a forza impedirla.

Achille - A forza? Io sono
Dunque suo prigionier; dunque pretende...

Ulisse - No; ma è saggio consiglio
Fuggir gl'inciampi. (vuol prenderlo per mano)

Achille - (scostandosi) A me fuggir!

Ulisse - Tronchiamo
Le inutili dimore. Al mare, al mare,
Or che l'onde ha tranquille. (lo prende per mano e seco s'incammina)



SCENA III

Deidamia e detti.

Deidamia - Achille, ah! dove vai? Fermati, Achille!
(Achille si rivolge, vede Deidamia, e s'arrestano entrambi guardandosi attentamente senza parlare)

Ulisse - (Or sì ch'io mi sgomento!) (avendo lasciato Achille)

Arcade - (E la gloria e l'amore ecco a cimento).

Deidamia - Barbaro! è dunque vero? (con passione, ma senza sdegno)
Dunque lasciar mi vuoi?

Ulisse - (piano ad Achille) (Se a lei rispondi,
Sei vinto).

Achille - (ad Ulisse) (Tacerò).

Deidamia - Questa, o crudele,
Questa bella mercede
Serbavi a tanto amore? Alma sì atroce
Celò quel dolce aspetto? Andate adesso,
Credule amanti! alle promesse altrui
Date pur fé! Quel traditor poc'anzi
Mi giurava costanza: in un momento
Tutto pose in oblio;
Parte, mi lascia, e senza dirmi addio.

Achille - Ah!

Arcade - (Non resiste).

Deidamia - E qual cagion ti rese
Mio nemico in un punto? Io che ti feci?
Misera me! di qual delitto è pena
Quest'odio tuo?

Achille - No, principessa...

Ulisse - Achille!

Achille - Due soli accenti. (ad Ulisse)

Ulisse - (Aimè!)

Achille - No, principessa,
Non son, qual tu mi chiami,
Traditore o nemico. Eterna fede
Giurai: la serberò. Legge d'onore
Mi toglie a te; ma tornerò più degno
De'cari affetti tuoi. S'io parto e taccio,
Odio non è né sdegno,
Ma timore e pietà: pietà del tuo
Troppo vivo dolor; tema del mio
Valor poco sicuro. Uno previdi;
Non mi fidai dell'altro. Io so che m'ami,
Cara, più di te stessa; io sento...

Ulisse - Achille!

Achille - Eccomi!

Arcade - (E pur non viene).

Achille - Io sento in petto...

Deidamia - Non più: troppo, lo veggo,
Troppo trascorsi. Al grande amor perdona
I miei trasporti. È ver: se stesso Achille
Deve alla Grecia, al mondo
Ed alle glorie sue. Va; non pretendo
D'interromperne il corso: avrai seguaci
Gli affetti, i voti miei. Ma, già ch'io deggio
Restar senza di te, sia meno atroce,
Sia men sùbito il colpo. Abbia la mia
Vacillante virtù tempo a raccorre
Le forze sue. Chiedo un sol giorno; e poi
Vattene in pace. Ah! non si niega a' rei
Tanto spazio a morir; temer degg'io
Ch'abbia a negarsi a me?

Arcade - (Se un giorno ottiene,
Tutto otterrà).

Deidamia - Pensi? non parli? e fisse
Tieni le luci al suol?

Achille - Che dici, Ulisse? (ad Ulisse, quasi con timore)

Ulisse - Che, signor di te stesso,
Puoi partir, puoi restar; che a me non lice
Premer più questo suolo;
Che a venir ti risolva, o parto solo.

Achille - (Che angustia!)

Deidamia - E ben, rispondi.

Achille - Io resterei,
Ma... udisti?

Ulisse - E ben, risolvi.

Achille - Io verrei teco,
Ma... vedi? (accennandogli Deidamia)

Deidamia - Eh! già comprendo:
Già di partir scegliesti.
Va, ingrato! Addio! (mostrando partire)

Achille - (seguendola) Ferma, Deidamia!

Ulisse - Intendo:
Hai la dimora eletta.
Resta, imbelle! io ti lascio. (mostrando partire)

Achille - Ulisse, aspetta!

Deidamia - Che vuoi?

Ulisse - Che brami?

Achille - A compiacerti... (a Deidamia, poi da sé) (Oh stelle!
È debolezza). (ad Ulisse) A seguitarti (Oh numi!
È crudeltà). Sì, ma la gloria esige...
No, l'amor mio non soffre... Oh gloria! oh amore!

Arcade - (È dubbio ancor chi vincerà quel core).

Deidamia - E ben, giacché ti costa
Sì picciola pietà pena sì grande,
Più non la chiedo. Or da te voglio un dono
Che è più degno di te. Parti; ma prima
Quel glorioso acciaro
Immergi in questo sen. L'opra pietosa
Giova ad entrambi. Ad avvezzarti, Achille,
Tu cominci alle stragi; io fuggo almeno
Un più lungo morir. Tu lieto vai
Senza aver chi t'arresti; io son contenta
Che quella destra amata,
Arbitra di mia sorte
Se vita mi niegò, mi dia la morte. (piange)

Arcade - (Io cederei).

Deidamia - L'ultimo dono...

Achille - Ah! taci;
Ah! non pianger, mia vita. Ulisse, ormai
L'opporsi è tirannia.

Ulisse - Lo veggo.

Achille - Al fine
Non chiede che un sol giorno. Un giorno solo
Ben puoi donarmi.

Ulisse - Oh! questo no. Men vado
D'Achille a' duci argivi
Le glorie a raccontar. Da me sapranno
Qual nobile sudor le macchie indegne
Lavi del nome suo; quai scuse illustri
Fa degli ozi di Sciro
Già la tua spada; e di qual serie augusta
Va per te di trofei la fama onusta.

Achille - Ma valor non si perde...

Ulisse - Eh! di valore
Più non parlar. Spoglia quell'armi; a Pirra
Non sarian che d'impaccio. (ai detti mordaci di Ulisse, Achille si turba, s'accende e sdegnasi per gradi)
Olà! rendete
La gonna al nostro eroe. Riposi ormai,
Ché sotto l'elmo ha già sudato assai.

Arcade - (Vuol destarlo, e lo punge).

Achille - Io Pirra! Oh dèi!
La gonna a me! (ad Ulisse)

Ulisse - No? D'animo virile
Desti gran prova in ver. Non sei capace
Di vincere un affetto.

Achille - Ah! meglio impara
A conoscere Achille. Andiam! (risoluto)

Deidamia - Mi lasci?

Achille - Sì!

Deidamia - Come!

Achille - All'onor mio
È funesto il restar; Deidamia, addio.

(Achille parte risoluto ed ascende il ponte della nave, dove poi s'arresta. Ulisse ed Arcade il van seguendo: Deidamia rimane alcun tempo immobile)

Arcade - (Sentì lo sprone).

Ulisse - (E pur non son sicuro).

Deidamia - Ah, perfido! ah, spergiuro!
Barbaro! traditor! Parti? E son questi
Gli ultimi tuoi congedi? Ove s'intese
Tirannia più crudel? Va, scellerato!
Va pur, fuggi da me: l'ira de' numi
Non fuggirai. Se v'è giustizia in cielo,
Se v'è pietà, congiureranno a gara
Tutti, tutti a punirti. Ombra seguace,
Presente ovunque sei,
Vedrò le mie vendette. Io già le godo
Immaginando; i fulmini ti veggo
Già balenar d'intorno...! Ah! no, fermate,
Vindici dèi. Di tanto error se alcuno
Forza è che paghi il fio,
Risparmiate quel cor; ferite il mio.
S'egli ha un'alma sì fiera,
S'ei non è più qual era, io son qual fui:
Per lui vivea; voglio morir per lui. (sviene sopra un sasso)

Achille - Lasciami! (ad Ulisse)

Ulisse - Dove corri?

Achille - A Deidamia in aiuto.

Ulisse - Ah! dunque...

Achille - E speri
Ch'io l'abbandoni in questo stato?

Ulisse - È questa
Di valore una prova.

Achille - (sdegnoso) Eh! tu pretendi
Prove di crudeltà, non di valore.
Scostati, Ulisse! (si fa strada con impeto e corre a Deidamia)

Arcade - (Ha trionfato Amore).

Achille - Principessa! ben mio! sentimi! Oh numi!
L'infelice non ode. Apri le luci,
Guardami: Achille è teco.

Ulisse - Arcade, il tempo
Di sperar più vittoria ora non parmi.
Cediamo il campo: adopreremo altr'armi. (parte con Arcade, non veduto da Achille)



SCENA IV

Achille, Deidamia, poi Nearco.

Deidamia - Aimè!

Achille - Lode agli dèi,
Comincia a respirar. No, mia speranza,
Achille non partì.

Deidamia - Sei tu? m'inganno?
Che vuoi?

Achille - Pace, cor mio.

Deidamia - Potesti, ingrato,
Negarmi un giorno solo! Ed or...

Achille - Non fui
Io che m'opposi; eccoti il reo... Ma... come!
Non veggo Ulisse! Ah! mi lasciò...

Nearco - Se cerchi
D'Ulisse, ei corre al re: dal re ti vuole,
Or che scoperto sei.

Deidamia - (s'alza da sedere) Questa sventura
Sol mancava fra tante. Ecco palese
Al padre il nostro arcano.

Nearco - Infino ad ora
Nascosto non gli fu. Già Teagene
Cercò de' tuoi trasporti,
Ritrovò la cagione: al re sen corse,
Ed ancora è con lui.

Deidamia - Misera! oh dèi,
Che fia di me! Se m'abbandoni, Achille,
A chi ricorrerò?

Achille - Ch'io t'abbandoni
In periglio sì grande! Ah! no: sarebbe
Fra le imprese d'Achille
La prima una viltà. Vivi sicura:
Lascia pur di tua sorte a me la cura.

Tornate sereni
Begli astri d'amore:
La speme baleni
Fra il vostro dolore:
Se mesti girate,
Mi fate morir.
Oh Dio! lo sapete,
Voi soli al mio core,
Voi date e togliete
La forza e l'ardir. (parte)



SCENA V

Deidamia e Nearco.

Deidamia - Nearco, io tremo: ah! mi consola.

Nearco - E come
Consolarti poss'io, se son più oppresso,
Più confuso di te?

Deidamia - Numi clementi,
Se puri, se innocenti
Furon gli affetti miei, voi dissipate
Questo nembo crudel: voi gl'inspiraste;
Proteggeteli voi. Se colpa è amore,
Sì, lo confesso, errai;
Ma grande è la mia scusa: Achille amai.

Chi può dir che rea son io,
Guardi in volto all'idol mio,
E le scuse del mio core
Da quel volto intenderà:
Da quel volto, in cui ripose,
Fausto il Ciel, benigno Amore,
Tante cifre luminose
Di valore e di beltà. (parte)



SCENA VI

Nearco solo.

Nearco - Di tue cure felici
Or va, Nearco, insuperbisci. A Teti
Di' che il feroce Achille
Sapesti moderar. Vanta gli scaltri
Lusinghieri discorsi: ostenta i molli
Piacevoli consigli. Ecco perduti
Gli accorgimenti e l'arti. Il solo Ulisse
Tutto a scompor bastò. Qual astro infido
Fu mai quel che lo scorse a questo lido!

Cedo alla sorte
Gli allori estremi;
Non son più forte
Per contrastar.
Nemico è il vento,
L'onda è infedele;
Non ho più remi,
Non ho più vele;
E a suo talento
Mi porta il mar. (parte)



SCENA VII

Reggia.

Licomede, Achille, Teagene, con numeroso corteggio.

Achille - Né di risposta ancora
Licomede mi degna?

Teagene - È troppo ormai,
Gran re, lungo il silenzio. I prieghi miei,
Le richieste d'Achille
Soddisfa al fin. Che ti sospende? È forse
La fé che a me donasti? Ah! non son io
Tanto incognito a me, che oppormi ardisca
A sì grande imeneo. So quanto il mondo
Debba quindi aspettar; veggo che in Cielo
Si preparò: tante vicende insieme
Non tesse mai senza mistero il Fato.
Che sdegnar ti potria? L'amor? Ma quando
Fu colpa in cor gentile
Un innocente amor? L'inganno? È Teti
La rea: già fu punita. Ella in tal guisa
Celare ad ogni ciglio
Il figlio volle, e fe' palese il figlio.
Oh, come al nodo illustre
La terra esulterà, che mai non vide
Tanto valor, tanta bellezza e tante
Virtudi unir! Qual di tai sposi il Cielo
Cura non prenderà, se ne deriva
L'uno e l'altro egualmente! E quai nipoti
Attenderne dovrai, se tutti eroi
Furon gli avi d'Achille e gli avi tuoi!

Achille - (Chi mai sperato avrebbe
In Teagene il mio sostegno!)

Licomede - Achille,
Sì grande questo nome
Suona nell'alma mia, che usurpa il loco
A tutt'altro pensier. Che dir poss'io
Dell'imeneo richiesto? Il generoso
Teagene l'applaude, il Ciel lo vuole,
Tu lo domandi: io lo consento. Ammiro
Sì strani eventi; e, rispettoso, in loro
Del consiglio immortal gli ordini adoro.

Achille - Ah, Licomede!... Ah, Teagene!... Andate
La mia sposa, il mio bene,
Custodi, ad affrettar. (a Teagene) Principe, oh quanto,
Quanto ti deggio mai! Padre, signore,
Come a sì caro dono
Grato potrò mostrarmi?

Licomede - A Licomede
L'esser padre a tal figlio è gran mercede.

Or che mio figlio sei,
Sfido il destin nemico;
Sento degli anni miei
Il peso alleggerir.
Così chi a tronco antico
Florido ramo innesta,
Nella natia foresta
Lo vede rifiorir.



SCENA ULTIMA

Ulisse, poi Deidamia, e detti; indi tutti.

Achille - Ah! vieni, Ulisse. I miei felici eventi
Sapesti forse?

Ulisse - Assai diversa cura
Qui mi conduce. Eccelso re, conviene
Che, deposto ogni velo, al fin t'esponga
Della Grecia il voler. Sappi...

Licomede - Già tutto
Mi è noto: a parte a parte alle richieste
Risponderò.

Achille - (incontrandola) Mia cara sposa, al fine
Giungesti pur. Non tel diss'io? La sorte
Non cambiò di sembianza?

Deidamia - (inginocchiandosi) A' piedi tuoi,
Mio re, mio genitor...

Licomede - Sorgi. (Deidamia si alza) È soverchio
Ciò che dir mi vorresti. Io già de' fati
Tutto l'ordine intendo. Una gran lite
Compor bisogna; a me s'aspetta: udite.
Tutto del cor d'Achille
L'impero ad usurpar pugnano a gara
E la gloria e l'amor. Questo capace
Sol di teneri affetti, e quella il vuole
Tutto sdegni guerrieri. Ingiusti entrambi,
Chiedon soverchio. E che sarebbe, Ulisse,
Il nostro eroe, se respirasse ognora
Ira e furor? Qual diverrebbe, o figlia,
Se languir si vedesse
Sempre in cure d'amor? Dove lo chiama
La tromba eccitatrice,
Vada, ma sposo tuo. Ti torni al fianco,
Ma cinto di trofei. Co' suoi riposi
Del sudor si ristori,
E col sudore i suoi riposi onori.

Achille - Sposa, Ulisse, che dite?

Deidamia - Alle paterne
Giuste leggi m'accheto.

Ulisse - Lieta il saggio decreto
Ammirerà la Grecia.

Achille - Or non mi resta
Che desiar.

Licomede - Gl'illustri sposi unisca
Il bramato da lor laccio tenace;
E la gloria e l'amor tornino in pace.

Coro - Ecco, felici amanti,
Ecco Imeneo già scende:
Già la sua face accende,
Spiega il purpureo vel.
Ecco a recar sen viene
Le amabili catene
A voi, per man de' numi,
Già fabbricate in Ciel.

(Mentre cantasi il Coro che precede, scenderà dall'alto denso globo di nuvole, che prima ingombrerà, dilatandosi, gran parte della reggia, e scoprirà poi agli spettatori il luminoso tempio della Gloria, tutto adornato de' simulacri di coloro ch'ella rese immortali. Si vedranno in aria innanzi al tempio medesimo la Gloria, Amore ed il Tempo, ed in sito men sollevato numerose schiere di lor seguaci)


La Gloria, Amore, ed il Tempo

Gloria - E quale a me vi guida,
Rivali dèi, nuova cagione? Amore,
Che a sedurmi i seguaci
Sempre pensò; l'invido Tempo, inteso
Ad oscurarmi ognor, come in un punto
Cambia costume, e l'uno e l'altro amico
Orma in volto non ha dell'odio antico!

Tempo - Non v'è più sdegno in Cielo.

Amore - A' numi ancora
Questa lucida aurora
Messaggiera è di pace. Oggi dell'Istro
Su la sponda real l'anime auguste
Di Teresa e Francesco
Stringe nodo immortale. Opra è d'Amore
La fiamma lor; ma di sì bella fiamma
Deggio i principii a te. Bastar potea
Quella sola a destarla, onde son cinte,
Maestosa beltà; ma trarla io volli
Da fonti più sublimi. Agli alti sposi
Le scambievoli esposi
Proprie glorie ed avite, e le comuni
Vive brame d'onor. L'anime grandi
Si ammiraro a vicenda, e sé ciascuna
Nell'altra ravvisò. Le rese amanti
Tal somiglianza. Indi in entrambe Amore
Fu cagione ed effetto; in quella guisa
Che il moto, ond'arde e splende
Face a face congiunta, acquista e rende.
Ah! mentre il fuoco mio,
Se alimento ha da te, tanto prevale,
Tuo seguace son io, non tuo rivale.

Tempo - Né me, dea degli eroi,
Tuo nemico chiamar. Come oscurarti
Dopo un tale imeneo? Su' grandi esempi
E di Carlo e d'Elisa i regi sposi
Formar se stessi. Or che gli accoppia il Cielo
Propagheran ne' figli
Le cesaree virtù. Qual ombra opporre
A tanto lume? Ah! non lo bramo: altero
Son d'esser vinto. A' secoli venturi
Dian nome i grandi credi. Io della loro
Inestinguibil lode
Farò tesoro e ne sarò custode.

Gloria - Giunse dunque una volta il dì felice,
Di cui tanto nel cielo
Si ragionò? che le speranze accoglie
Di tanti regni, e che precorso arriva
Da tanti voti? Oh lieto dì! Corriamo,
Amici dèi, della festiva reggia
Ad accrescer la pompa. Unir conviene
A pro de' chiari sposi
Tutte le nostre cure.

Amore - Al nobil fuoco,
Che in lor destai, somministrar vogl'io
Sempre nuovo alimento.

Tempo - Io de' lor anni
Lunghissimo e tranquillo
Il corso reggerò.

Amore - Per me d'eroi
Il talamo reale
Sarà fecondo.

Tempo - Io serberò gli esempi
Degli atavi remoti
Ai più tardi nipoti.

Gloria - Io fui di quelli,
Io di questi sarò compagna e duce:
Tutti i lor nomi io vestirò di luce.

Tutti tre - Tutti venite, o dèi,
Il nodo a celebrar,
I dolci ad affrettar
Bramati istanti.

Coro - Ecco, felici amanti,
Ecco Imeneo già scende:
Già la sua face accende,
Spiega il purpureo vel.

Tutti - Ecco a recar sen viene
Le amabili catene
A voi, per man de' numi,
Già fabbricate in Ciel.







Pietro Metastasio - Opera Omnia  -  a cura de ilVignettificio  -  Privacy & cookie   -   SITI AMICI: Ph.D Thesis

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